Genova. Dopo il ripascimento della spiaggia, da moltissimi affezionati frequentatori della location si sono sollevate in queste settimane numerose voci di protesta. E grida di dolore. Le pietre utilizzate per sistemare una delle spiagge più frequentate del ponente, infatti, sono troppo aguzze e rendono lo sdraiarsi sull’asciugamano affare da fachiro, mentre raggiugnere il mare sotto il solleone qualcosa di paragonabile ad una corsa sui carboni ardenti.
Parliamo di Vesima, oggetto quest’anno di un massiccio intervento di sistemazione della spiaggia, riempita e rimodellata con un nuovo apporto di materiale da ripascimento. Un’operazione durata una decina di notti e terminata a qualche giorno fa, il 20 luglio, in piena stagione balneare. Il materiale però utilizzato ha suscitato più di una perplessità, visto che non si tratta di ghiaia, né di sabbia, tantomeno dei tipici ciottoloni: sono pietre grandi al massimo come un pugno, provenienti dalla frantumazione di cava, del tutto simili, almeno ad un occhio non esperto, a quelle utilizzate per le massicciate ferroviarie.
Dopo decine di segnalazioni, il consigliere rossoverde Filippo Bruzzone ha portato la questione a Tursi, con una interrogazione a risposta immediata presentata alla giunta, per chiedere chiarimenti e un eventuale secondo intervento che potesse mitigare i disagi: “Qualche giorno fa ho fatto una interrogazione in comune circa lo stato di ripascimento di Vesima e Villa azzurra che risulta essere davvero scomodo per chi vuole farsi un tuffo, a causa di pietre appuntite – scrive su facebook – Oggi è arrivata la risposta del comune: non è previsto alcun intervento migliorativo nè per rimodellare le pietre nè per lo scalino“.
Ecco la risposta fornita dagli uffici dell’assessorato al demanio, che hanno girato l’informativa di Aster stessa: “Oggi intervenire per frantumare e compattare sulla spiaggia il materiale presente tecnicamente non è opportuno perché frantumandolo l’indice di spigolosità aumenterebbe accentuando la criticità, ma soprattutto si verrebbe a creare una rilevante percentuale di materiale fine che creerebbe un notevole disagio per la balneazione intorbidendo il mare; poi questo materiale fine si depositerebbe sul fondale pregiudicando l’ecosistema marino delle praterie di posidonia e della vita bentonica. A nostro avviso, come avviene su tutte le spiagge ripasciute, come ad esempio per l’arenile di Renà a Riva Trigoso, è necessario aspettare che la Natura faccia il suo corso”. Insomma, c’è da aspettare. Mettiamoci comodi. Ah no.