Genova. Offrire subito il vaccino contro il vaiolo delle scimmie, dichiarato “emergenza sanitaria mondiale”, a tutti gli italiani a rischio. È quanto chiede Matteo Bassetti, direttore della clinica di malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova, dopo che l’assessore alla Salute del Lazio ha annunciato che presto l’istituto Spallanzani sarà pronto a partire con la campagna, non appena il ministero della Salute avrà definito i criteri di definizione della platea, le norme per il reclutamento e l’indicazione delle fasce d’età.
Anche la Liguria è in attesa di istruzioni da Roma, ma probabilmente non sarà la prima a partire con le vaccinazioni. La strategia – ancora da confermare – sarebbe quella di iniziare dai territori con l’incidenza più alta. Al momento sono 9 i casi accertati nella nostra regione, uno in più rispetto a ieri, secondo il bollettino giornaliero del ministero. Ben altri numeri si registrano invece in Lombardia (232) e nel Lazio (104). In tutto ad oggi sono 505 i positivi in tutta Italia.
Per Bassetti, però, bisogna spingere sull’acceleratore: “Se si parte con un programma di vaccinazione contro il vaiolo delle scimmie deve essere offerto a tutti gli italiani che rientrano nelle categorie potenzialmente a rischio – ha detto l’infettivologo all’Adnkronos Salute -. Bisogna partire con una campagna nazionale, disponibile in tutte le regioni italiane e bisogna farlo rapidamente, perché l’Italia è in ritardo rispetto agli altri Paesi pur essendo al decimo posto per numero di casi”.
Secondo quanto si apprende, il vaccino contro il vaiolo delle scimmie prevede una prima dose e un richiamo da somministrare dopo un intervallo di 2-3 mesi. Nelle fasce a rischio rientreranno probabilmente i lavoratori della sanità, mentre fa discutere la possibilità di consigliare la vaccinazione a uomini omosessuali e bisessuali: secondo uno studio condotto dal New England Journal of Medicine, rientrerebbe in questa fascia il 98% dei casi accertati nella popolazione infetta.
Anche Bassetti insiste su questo concetto: “Anche noi riceviamo tantissime richieste ma dobbiamo rispondere che in Italia, in questo momento, non è ancora possibile fare il vaccino. Credo che abbia influito molto l’aspetto ideologico perché ormai due mesi fa avevo allertato sul fatto che contagio riguarda prioritariamente maschi di età compresa fra 20 e i 40 anni omosessuali, e questo era. Oggi abbiamo quasi 25mila casi nel mondo, e oltre il 95% riguarda questa categoria di persone, alla quale sarebbe bene offrire la vaccinazione. Ma bisogna correre, siamo sempre in ritardo”.
In ogni caso verrà gestito tutto a livello nazionale, come conferma Alisa. I vaccini non sono stati ancora distribuiti, sebbene siano state ipotizzate quote da assegnare alle singole regioni. Anche le modalità sono in via di definizione, ma ad oggi appare comunque improbabile una nuova campagna di massa, tenuto conto del fatto che gli over 50 in gran parte sono già vaccinati contro il vaiolo e quindi protetti anche nei confronti di questa “variante” della malattia.
Ancora secondo i dati del ministero della Salute, i casi collegati a viaggi all’estero sono 149 e l’età mediana dei pazienti è di 37 anni (per un range che va dai 20 ai 71 anni). Nella casistica italiana risultano ora 4 donne (501 sono uomini). Dopo la prima infezione rilevata in Sardegna, scendono a 5 le regioni che non hanno ancora segnalato nessun caso di monkeypox (Basilicata, Calabria, Molise, Umbria e Valle d’Aosta). Le restanti, comprese le province autonome di Bolzano e di Trento, contano meno di 10 casi. no di 10 casi.