Genova. “Lo sai stasera dove sono Gianluca e tua figlia? Se non trovo i soldi sul conto tra 5 minuti, lo sai dove cazzo sono?”. La voce alterata dal disagio mentale, registrata da un padre disperato e pubblicata da una madre combattiva sui social, è quella di Alberto Scagni, 42 anni, in carcere per l’omicidio della sorella Alice, 34 anni, avvenuto la sera del 1 maggio davanti a casa della donna, a Genova.
Da mesi i genitori di Alice e in particolare la madre Antonella, assistiti da Fabio Anselmo, legale che ha seguito anche i casi Cucchi e Aldrovandi, chiedono alla procura di rendere note le loro chiamate di richieste di aiuto alla polizia, l’ultima delle quali proprio il 1 maggio, in seguito a quella telefonata di Alberto. La loro idea è di essere stati ignorati dalle forze dell’ordine. “Signo’, non famola tragica” rispose un agente al centralino alla madre che chiedeva un intervento.
Sui social è stata creata la pagina Facebook “Giustizia per due figli rubati” ed è lì che è stata pubblicata la telefonata che il 1 maggio Alberto Scagni fa a suo padre. “Se tra cinque minuti non ho i soldi sul conto, lo sai stasera dove sono Gianluca e tua figlia?”. Il riferimento è appunto alla sorella Alice, al marito e alla casa dove vivevano con il loro bambino. Poche ore dopo la donna sarà uccisa a coltellate.
Scagni non fa che insultare il padre che, a suo dire, non gli dà abbastanza soldi, poi la minaccia. Il padre che avverte il figlio: “Guarda che chiamo il 112..”. E lo farà ma senza esito. La la questura e la procura hanno più volte assicurato che le indagini non vedranno omissioni e che gli audio saranno resi noti a tempo debito. Sul fatto che non ci fossero stati interventi sul 42enne, come Tso o altro, il motivo indicato dalle autorità era la sostanziale assenza di denunce.
Ieri era il giorno del compleanno di Alberto Scagni, l’assassino, che si trova in carcere. Sulla pagina Facebook la madre scrive: “Ieri era il compleanno di Alberto che ora si trova in carcere, la madre ha scritto un messaggio su Facebook: “42 anni fa, giusto a quest’ora, ero mamma entusiasta e orgogliosa di Alberto. Poi non ci è toccata in sorte la vita facile e felice a cui ho fantasticato tutta notte il 25 agosto 1980. Ma non meritavamo di essere abbandonati a un destino distruttivo, non meritavamo che nessuno volesse ascoltare e dare aiuto al grido di rabbiosa disperazione di questa telefonata che nessuno si è fatto carico di ascoltare il Primo Maggio. Eppure l’abbiamo implorato al 112. Fate ascoltare il nostro grido, o vi vergognate?”.