Genova. “Sai che sto nel quartiere, da mattina a sera finché nella piazza non c’è più miseria”. Il rap di Niccolò – “Coni” – 15 anni, parla chiaro. Una vita passata sull’asfalto e tra il cemento di Begato. Un luogo che, per Niccolò come per i suoi amici è – nonostante tutto – comunità.
Quella traccia è la perfetta colonna sonora di un docufilm uscito in questi giorni e diffuso attraverso i social. Si chiama D-16159 ed è solo la punta dell’iceberg di un progetto costruito attorno ai giovani di uno dei quartieri più complicati di Genova. Simbolo per decenni della periferia più degradata ma, oggi, anche di un potente tentativo di rigenerazione.
“Rigenerazione, per ora, più edilizia che sociale“, osserva Fabio Niccolini, docente dell’istituto comprensivo Teglia e punto di riferimento del progetto D-Vertical, portato avanti insieme all’associazione Sarabanda.
Il progetto D-Vertical, nato proprio per avvicinare gli adolescenti delle zone urbane “di frontiera”, è finanziato dal ministero della Cultura, e in particolare dalla direzione Creatività contemporanea. Di circa 1600 domande arrivate al ministero da tutta Italia ne sono state selezionate 60. La proposta di Begato era la numero 11 in graduatoria.
“Una cosa che ci piace ricordare con soddisfazione – spiega Niccolini, “il prof” come lo chiamano i ragazzi – ma che ci ha anche caricato di responsabilità”.
Il progetto D-Vertical, che ha avuto come centro operativo il Tosca Hub realizzato nell’ambito della succursale di via Linneo dell’Ic Teglia, ha coinvolto una ventina di giovani tra i 13 e i 17 anni. Quelli che si vedono e raccontano nel video, Francesco Leone (Chapada), Nicolò Cagnana (Coni), Paolo Cinti (Pool), Nicole Simonetta (Niky), Ivan Rocca (Chiattilo) e Lorenzo Giangreco (Lollo), sono solo alcuni degli adolescenti coinvolti in un processo di dialogo e costruzione.
Fare rete, creare consapevolezza, fornire obbiettivi, valorizzare talenti. Sono questi i goal proattivi di un progetto che ha parlato a ragazzini che, in molti casi, non vanno a scuola ma – chissà – potrebbero tornarci. Che non lavorano e che, finora, non delinquono, ma che vivono “al limite” e per cui è importante dare “una possibilità”.
“Coni, il ragazzo che rappa e che si vede all’inizio del video – racconta Fabio Niccolini – aveva decine di tracce registrate sul suo cellulare, gli abbiamo fornito un producer e degli strumenti, gli abbiamo chiesto di creare qualcosa che funzionasse come colonna sonora e lui si è impegnato a bomba, il pezzo che sentite funziona, è un buon pezzo e adesso Niccolò ha qualcosa su cui lavorare, su cui concentrarsi”.
La musica, “il successo”, i soldi ma anche una casa, un diploma, una fidanzata, gli amici, “l’astronomia”, sono i sogni dei ragazzi e delle ragazze “del 270” – la linea Amt che attraversa il Quartiere Diamante e il Cige – a cui forse, per la prima volta, qualcuno ha chiesto: “Come ti vedi tra 10 anni?”.
Prospettive. Quelle che la vita di periferia a volte non ti concede, se non in senso prettamente architettonico – le linee degli edifici squadrati che intersecano l’orografia morbida della Valpolcevera – e che invece indirizzano l’esistenza di bambini e adolescenti con più possibilità.
“A Begato la comunità tra i ragazzi esiste, nonostante tutto – racconta il professore dell’Ic Teglia – il loro chiamarsi “bro” ha un senso, i legami sono forti, basti pensare che la demolizione della Diga è stata percepita come dolorosa da questi giovani, perché molti loro amici se sono andati, si sono persi di vista”.
L’abbattimento della Diga, atteso comunque da anni – “Anche i ragazzi sono consapevoli che quella non era una condizione ideale dove vivere”, precisa Niccolini – è vissuto in maniera ambivalente. Da un lato la rottura di equilibri e rapporti, dall’altro la speranza che qualcosa cambi e non solo da un punto di vista urbanistico.
A Begato mancano servizi e spazi pubblici, soprattutto dedicati ai giovani. E uno degli obbiettivi di chi ha creato il progetto D-Vertical è propri quello di dare un luogo dove i ragazzi possano sviluppare la loro creatività.
“A ottobre presenteremo la domanda di finanziamento per un altro progetto – dice Fabio Niccolini – per proseguire nel percorso iniziato con il docufilm, con la creazione di uno studio dove si possano fare registrazioni, riprese, ma anche studiare, leggere, scoprire, conoscersi, insomma fare in modo che le opportunità diventino un qualcosa di più stabile“.