Le indagini

Omicidio Alice Scagni, nell’inchiesta sui mancati interventi sentite in Procura dieci persone

La Procura potrebbe nei prossimi giorni iscrivere i primi nomi nel registro degli indagati

alice scagni

Genova. Sono una decina in tutto le persone sentite dalla procura di Genova, tra poliziotti delle volanti, agenti in servizio alla centrale operativa e medici del centro di salute mentale della Asl3 nell’ambito dell’inchiesta aperta bis sull’omicidio di Alice Scagni.

Oltre all’inchiesta principale sull’uccisione della 35enne, avvenuta la sera del 1 maggio in via Fabrizi a Quinto per mano del fratello Alberto, un secondo filone di indagine nato dall’esposto della famiglia Scagni.

Subito dopo l’omicidio infatti la donna aveva raccontato che dal 22 aprile c’era stata una escalation di episodi preoccupanti. In particolare il 30 aprile era stata chiamata la polizia dopo che era stata incendiata la porta di casa della nonna dei giovani che abita nello stesso condominio del nipote. Le forze dell’ordine erano state indirizzate verso Alberto. Il primo maggio, sette ore prima del delitto, i genitori avevano chiamato ancora il 112 dicendo che il figlio li aveva minacciati di sgozzarli ma erano stati invitati a fare denuncia il giorno dopo. Gli investigatori della mobile, coordinati dal procuratore Francesco Pinto e dall’aggiunto Vittorio Ranieri Miniati, avevano aperto il fascicolo per capire se vi fosse stata una mancata denuncia da parte della polizia e un ritardo nella presa in carico dell’uomo.

Dalla Procura avevano sempre spiegato che Alberto non risultava da nessuna parte come persona potenzialmente violenta o pericolosa: non era mai stati denunciato da nessuno, tantomeno dai famigliari né era seguito dai servizi di salute mentale anche se i genitori proprio qualche settimana prima del delitto avendo capito che il figlio stava peggiorando avevano avuto alcuni colloqui preliminari con gli psichiatri e Alberto aveva un appuntamento nei giorni successivi al delitto.

La famiglia Scagni ha recentemente preso come avvocato Fabio Anselmo, noto come difensore degli interessi della famiglia Cucci che ha consegnato nelle scorse settimane un dossier per rafforzare l’esposto. E nei giorni scorsi la donna ha lanciato un duro attacco alla procura. “Abbiamo cercato aiuto nelle istituzioni. Ci siamo imbattuti in una fredda e ignorante burocrazia. Indolente – ha scritto in una lettera – ma prepotente nel suo reiterato e pigro rifiuto di farsi carico del proprio ruolo di garanzia ed aiuto verso i cittadini in difficoltà”.

Secondo quanto appreso non è escluso che nei prossimi giorni la Procura di Genova possa inscrivere nel registro degli indagati alcune delle persone chiamate in causa dalla famiglia Scagni.

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