Il retroscena

La morte di Giuliano Delnevo, la famiglia e il rischio di essere arrestato: così la Digos ha provato a convincere Chiappalone a non partire per l’Ucraina

Delnevo fu ucciso in Siria a 24 anni nel 2013 ma i poliziotti non sono riusciti a convincere il 19enne di Cornigliano che è partito subito dopo per Cracovia

Delnevo-Chiappalone

Genova. La storia del 19enne Kevin Chiappalone, che si è arruolato nella Brigata internazionale ucraina ed è partito per fare la guerra senza dirlo nemmeno ai genitori, ricorda seppur con alcune differenze quella del 24enne genovese Giuliano Delnevo, che si era convertito all’Islam a 18 anni, poi era andato in Siria a combattere Assad arruolandosi nel fronte jihadista Al-Nusra. Il 12 giugno 2013 Delnevo era morto, colpito da un cecchino, vicino ad Aleppo.

Ed è proprio ricordandogli la tragica fine del 24enne Delnevo che la Digos ha provato a far desistere Chiappalone, quando a fine aprile lo ha portato in Questura sapendo che il 19enne aveva in tasca un biglietto per Cracovia: lo ha tenuto diverse ore, come ha raccontato lui stesso, lo ha interrogato per capire se qualcuno gli aveva dato una mano ma, soprattutto, ha cercato di fargli cambiare idea. Oltre che di Delnevo i poliziotti gli hanno ricordato le preoccupazioni dei famigliari, il rischio concreto di morire e, se tutto andasse bene, di essere magari arrestato al rientro. Ma niente, neppure l’estremo tentativo di giocare sul tempo, per fargli perdere l’aereo ha funzionato. Kevin, come Giuliano Delnevo, è stato fermo nella sua decisione e non appena è uscito dalla Questura ha preparato di nascosto lo zaino ed è partito. Solo quando ha raggiunto il confine con l’Ucraina ha chiamato i genitori e raccontato quello che stava per fare.

La vicenda di Giuliano Delnevo è stata più lunga e complessa perché il24enne era indagato dal 2009, dopo che la conversione all’Islam era risultata essere la prima tappa di un percorso di radicalizzazione. Già una volta la Digos, grazie alle intercettazioni, era riuscita a farlo bloccare e rispedire in Italia dalla Turchia non appena sceso dall’aereo, ma poi gli investigatori dell’antiterrorismo – guidati all’epoca da Riccardo Perisi che oggi è il capo della Digos genovese – non avevano ottenuto il via libera dalla Procura della proroga delle indagini alla scadenza dei due anni. Il monitoraggio si era per forza di cose molto affievolito e al secondo tentativo, dopo essersi tagliato la lunga barba ed essere temporaneamente tornato a indossare abiti occidentali per non dare nell’occhio, Giuliano Ibrahim Delnevo era riuscito a partire. Era il novembre del 2012. Fino in Turchia addirittura si era fatto accompagnare dalla madre a cui però aveva raccontato che sarebbe andato a svolgere attività umanitarie in un campo profughi.

Ma Giuliano era andato a combattere e il 12 giugno dell’anno successivo il padre ricevette la chiamata di un compagno d’armi di Ibrahim che gli spiegava che il figlio era stato ucciso da un cecchino. In quei mesi le indagini su Giuliano erano riprese, allo scopo di capire come fosse avvenuto il reclutamento e chi ne facesse parte. Il ragazzo si sentiva spesso con il padre che in molte occasioni lo pregava di tornare casa, cercava di “convincerlo” che aveva fatto abbastanza. A volte Giuliano sembrava riflettere, pronto a farsi convincere. Il padre stava anche organizzando un incontro con il figlio al confine con la Turchia, ma poi non ce n’era stato il tempo.

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