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Il Museo delle emigrazione italiana alla Commenda, per ora un successo di critica ma non di pubblico fotogallery

Aperto a maggio, non ha potuto beneficiare del flusso delle gite scolastiche. Ora una gara per affidare stabilmente la gestione e una campagna di comunicazione per farlo conoscere in Italia e all'estero

Mei Museo Migrazione

Genova. In questo agosto 2022 in cui Genova è letteralmente invasa dai turisti – e finalmente si rivedono anche gli stranieri – lascia con l’amaro in bocca notare come una delle strutture più nuove e interessanti per la cultura cittadina, il Mei – Museo dell’emigrazione italiana, sia ancora poco frequentato. Pochi i visitatori che si avventurano fino alla Commenda di Pré, dove il museo ha aperto i battenti a maggio, dopo 15 mesi di lavori e una più lunga chiusura. La consolazione è che chi lo scopre, se ne innamora.

“Il Mei è molto apprezzato – dice Piero Campodonico, direttore del Mu.Ma., il sistema dei musei del mare di Genova – soprattutto dalla critica internazionale, ha una concezione innovativa ed è rivolto a pubblico di tutto il mondo, abbiamo ricevuto complimenti da parte di enti importanti, abbiamo avuto premi, purtroppo però il Mei non è ancora conosciuto come dovrebbe, non è ancora stato sfruttato in tutta la sua potenzialità”.

D’altronde l’apertura è avvenuta solo tre mesi fa. Non molti per diffondere il passaparola. “Non abbiamo neppure potuto sfruttare il turismo scolastico, che sarà di fondamentale importanza per il Mei”, spiega ancora Campodonico.

Recentemente il Mei – Museo Nazionale dell’Emigrazione Italiana è stato designato tra i vincitori della quinta edizione del premio Memorie Migrate, promosso dal Comune di Castelluccio, dalla Pro Loco e dalla Regione Basilicata. In occasione della sua inaugurazione su riviste culturali e di settore sono usciti molti servizi dedicati alla struttura, ma quello che manca è stata, forse una campagna di comunicazione massiccia rivolta al grande pubblico.

Tuttavia questi mesi sono stati un importante banco di prova proprio per capire come strutturare il piano di comunicazione e marketing. “Il piano è in fase di elaborazione – assicura il direttore del Mu.Ma – stiamo costruendo una campagna che ci permetterà di far conoscere il museo che, ricordiamo, ha un interesse di valenza nazionale”.

Il Mei è comunque aperto e attivo. Da luglio a settembre è anche il fulcro di una serie di iniziative come Smarginando – Festival migrante, con incontri, visite guidate e altri appuntamenti attorno al quartiere di Pré.

A fine settembre scadranno inoltre i termini per partecipare alla gara pubblica per l’affidamento – per tre anni – della gestione dei servizi museali (biglietteria, visite, assistenza ai visitatori, pulizie, cura del verde). Fino a oggi il Mei è stato gestito tramite un affidamento diretto da parte della fondazione a un cooperativa di servizi socio culturale.

Con la gara, del valore base di 862mila euro per 36 mesi, con eventuale prolungamento di altri 12, la gestione sarà più strutturata. La scadenza per partecipare al bando, pubblicato dal Comune di Genova, è il 27 settembre. L’accordo include una clausola sociale che salvaguarda l’occupazione degli attuali dipendenti del museo.

Il MEI alla Commenda, 16 aree e migliaia di storie.
Sin dalla prima area (area I) è evidente il tipo di approccio del Museo: multimediale, interattivo, e soprattutto “empatico”: un anziano emigrante, incontrato su una banchina del porto di Genova, confessa, insieme i dolori e i sacrifici della migrazione, ma anche le opportunità, le sfide, gli orizzonti aperti: le cose che mai avrebbe visto, se non fosse partito. Quell’anziano potrebbe essere niente poco di meno che il nonno di Papa Francesco, Francesco Sivori, marito di Maria Gogna, emigrato a Buenos Aires nel 19esimo secolo. La stessa area propone una introduzione alla mobilità umana: dalla preistoria all’età medievale e moderna, aiutando a comprendere quanto sia antico il fenomeno migratorio.

Con l’area II (“Chi parte?”) e III (“Gli apripista”), il visitatore incontra contesti diversi nel tempo, uomini e donne che scelgono di partire, riproponendo in tempi e luoghi diversi, il dolore e l’angoscia per la rottura della relazione, il costo umano dell’allontanamento.

Nell’area IV, i visitatori entrano in contatto con le motivazioni che spingevano alla mobilità nell’Italia del secondo Ottocento: la povertà, la fame, la salute incerta determinata da condizioni di vita dure, sono tra le motivazioni della “Grande Emigrazione” (1892-1914).

L’area V, intitolata L’immaginario del migrante, è l’area della fascinazione collettiva, quasi onirica, dove attecchiscono le leggende metropolitane sui luoghi di destinazione come regni del Bengodi. Dopo un breve passaggio dedicato al viaggio del migrante, l’area VI, Destinazione mondo, mostra la diffusione dell’emigrazione italiana nel globo e una selezione di memorie diverse, dal lavoro allo sport, dalla cultura all’impresa, dei singoli e delle comunità italiane.

L’area VII e VII, Italiani in movimento, racconta al pubblico quei flussi migratori provocati da precise e specifiche contingenze: politiche, religiose, sociali o strettamente individuali. Storie di profughi, prigionieri di guerra, deportati, ma anche missionari e volontari: tutte quelle migrazioni “altre”, rispetto a quelle motivate da esigenze economiche, che hanno accompagnato e accompagnano tuttora la vita di tanti italiani e italiane nel mondo.

Si può dire che la politica ha sempre guardato alla questione migratoria in modo strumentale: come un problema, come una valvola di sfogo delle tensioni sociali, o addirittura – come nel fascismo – negandola e trasformandola in alimentazione per i suoi progetti coloniali: in questo senso l’area IX presenta questa complessità attraverso le parole dei protagonisti, recitate da attori, grazie ad una installazione multimediale immersiva (“teatro 360°).

Proseguendo nel percorso i visitatori potranno accedere all’area X, il Memoriale, una installazione artistica in cui un planisfero mostra i luoghi di tragedie che hanno coinvolto l’emigrazione: dal naufragio del Sirio all’incendio della Triangle a New York, dai fatti di Aigues Mortes alla strage di Marcinelle.

A questo punto, il visitatore raggiunge così il secondo piano, dove grazie ad una serie di installazioni interattive presenti all’interno del Labirinto (area XI), potrà immedesimarsi con l’esperienza migrante confrontandosi con le pressanti richieste dell’Ufficio immigrazione, dei datori di lavoro, di una padrona di casa, delle forze di polizia.

Il percorso prosegue poi con due aree (XII e XIV) dedicate al rapporto tra i migranti e le terre e le comunità di arrivo attraverso cinque focus su “lavoro”, “famiglie e abitazioni”, “comunità immigrate”, “tolleranza/intolleranza e devianza” partecipazione e cittadinanza attiva.

Sempre al secondo piano, uno spazio attrezzato verrà dedicato all’attività educativa per le scuole dei diversi cicli e per le attività con le famiglie, per coinvolgere anche i più giovani in questo percorso (area XII).

Il percorso museale si conclude, tornando al piano terra con una riflessione sulle mobilità interne al Paese – la migrazione interna ha avuto e ha ancora un forte impatto sulla realtà sociale ed economica in Italia – e con una prima presentazione delle migrazioni degli ultimi vent’anni (area XV), realizzata in particolare in collaborazione con la Fondazione Migrantes e basata sugli studi pubblicati nei diversi Rapporti sugli Italiani nel Mondo.

L’area XVI, conclusiva, dedicata al dialogo con il Museo, permette infine ai visitatori di lasciare una traccia del loro passaggio e di esprimere una personale riflessione sul concetto di migrazione. Una grande proiezione a parete darà evidenza di tutte le scelte effettuate.

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