Prima udienza

Processo Ponte Morandi, Possetti (comitato vittime): “Impianto accusatorio impressionante, speriamo in esito veloce” fotogallery video

"Ci aspettiamo ancora tanti schiaffi e pugni, perché qui non è mai finita"

Egle Possetti

Genova. “Questa è una giornata difficile, ma molto importante. Oggi si inizia un percorso lungo e faticoso che porterà verità e giustizia alle nostre famiglie”.

Queste le parole di Egle Possetti, fondatrice del comitato Ricordo Vittime Ponte Morandi, poco prima dell’inizio della prima udienza del maxi-processo sul crollo del Ponte Morandi.

“Ci aspettiamo ancora tanti schiaffi e pugni – afferma Possetti – perché qui dentro non è mai finita, siamo pronti a vedere di tutto, ma abbiamo anche nel cuore la tranquillità di un impianto accusatorio impressionante. Solo con la documentazione che abbiamo visto potremmo chiuderla già oggi, ma è chiaro che il processo debba essere celebrato”.

La speranza dei parenti delle vittime del Morandi è che il processo possa essere veloce: “I reati minori già nel 2023 cadranno in prescrizione”, ricorda Possetti.

Il comitato cercherà di costituirsi parte civile: “Abbiamo avuto notizia che tante parti civili stanno cercando di presentarsi, ma crediamo che la norma dovrebbe prevedere degli aggiustamenti. Le centinaia di richieste, se venissero accettate, significherebbero più testimoni e il rischio è di prolungare l’iter giudiziario. Speriamo invece che la fine del processo sia anticipata al 2023”.

Nell’udienza di stamattina l’istanza sarà portata dall’avvocato Raffaele Caruso. Il comitato era stato escluso dal gup perché per legge non possono essere ammessi comitati o associazioni nati successivamente ai fatti oggetto del processo. “In questo caso non si tratta di dover cambiare la norma – chiarisce Caruso – ma di allargarne l’interpretazione perché in questo caso si tratta di un comitato che nasce con il reato stesso e quindi senza alcun intento speculativo”.

Presente anche Gianluca Ardini, uno dei superstiti della tragedia: “Era giusto che partecipassi anche io, sono rimasto lontano da questa vicenda ultimamente per motivi miei però mi sentivo in dovere di essere qui oggi”. Ardini rimase appeso per quattro ore al suo furgone in bilico sul ponte. “Sono venuto qui per stare accanto ai parenti delle vittime” spiega a chi gli chiede se dovrà nuovamente raccontare quelle drammatiche ore in aula. Ad Ardini si è immediatamente avvicinata la mamma di Mirko Vicini, il lavoratore di Amiu morto sotto le macerie del crollo: “Lui è la nostra forza” ha detto prima di entrare in aula.

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