Genova. Quasi 16mila posti di lavoro offerti dalle aziende genovesi che rischiano di rimanere “vacanti”, cioè non seguiti da un’assunzione. La prima causa? Lo stipendio giudicato troppo basso. A dirlo sono i dati elaborati da Confindustria per capire le ragioni del mismatch che determina una crescente difficoltà da parte delle imprese a trovare personale. Un fenomeno che, come aveva rilevato la stessa associazione un mese fa, non riguarda solo la ristorazione e i lavori stagionali ma anche numerosi settori produttivi a elevata specializzazione, evidenziando una “inefficienza del mercato del lavoro che sta divenendo sempre più strutturale“.
Nel periodo gennaio-giugno 2022, secondo i dati del sistema Excelsior di Unioncamere, le aziende della città metropolitana di Genova hanno dichiarato complessivamente offerte per 38.560 unità di personale. Per il 40,7% di queste, cioè 15.707, sono state indicate possibili difficoltà di reclutamento, facendo distinzione tra le cause: per quasi 9mila unità si teme l’assenza di candidati che ambiscano alla posizione, per più di 5mila invece ci sono dubbi che si riesca a reperirne di competenti.
Chi sono gli “introvabili”? In cima alla classifica assoluta spiccano come sempre cuochi, camerieri e altre professioni affini (2.711 unità, il 47,6% rispetto alle offerte totali per queste mansioni), ma il dato è influenzato dalla stagionalità. Negli altri settori invece si cercano soprattutto progettisti, ingegneri e professioni assimilate (50,8% giudicati di difficile reperimento, pari a 345 unità), tecnici della sanità (66,7%, pari a 920 unità), tecnici in campo informatico, ingegneristico e della produzione (59,6%, pari a 966 unità), operai specializzati nell’edilizia (60,4%, pari a 1.295 unità), operai specializzati nelle attività metalmeccaniche ed elettromeccaniche (64%, pari a 730 unità), conduttori di mezzi di trasporto e macchinari mobili (46,6%, pari a 1.172 unità).
Ma per quale motivo le aziende non riescono a trovare personale? A rispondere è un sondaggio condotto tra le imprese associate a Confindustria Genova: nel 17% dei casi il candidato rifiuta perché giudica la retribuzione troppo bassa, il 15,6% ha scarso interesse per la mansione proposta, il 13,5% non è disponibile a seguire orari o turni proposti, il 12,3% non vuole spostarsi in un’altra regione, il 7,6% vorrebbe fare più smart working e solo il 7,6% (ex aequo) rifiuta il posto perché non vuole abbandonare il reddito di cittadinanza.
La rilevazione conferma inoltre le difficoltà di reperimento delle professioni per quanto riguarda i settori industriali e manifatturieri: in media solo il 68% delle assunzioni programmate nel primo semestre 2022 si sono effettivamente concretizzate e le difficoltà di reperimento hanno riguardato il 60% delle figure ricercate.
Sotto la lente c’è anche il fenomeno delle dimissioni di massa, la cosiddetta great resignation. Secondo lo studio di Confindustria non si tratta di una “rivoluzione epocale” legata a un cambiamento culturale degli stili di vita: “La dinamica sembrerebbe in parte legata a un elevato numero di dimissioni rimandate dal 2020 al 2021 e in parte legata a un mercato del lavoro più dinamico rispetto agli anni passati (e a cui non eravamo più abituati). Il fenomeno sembra inquadrarsi nell’ambito di una ricollocazione occupazionale dei dimessi, piuttosto che di una definitiva uscita dal mercato del lavoro dei soggetti interessati”. Inoltre “non vi sono evidenze del fatto che il ritorno delle dimissioni ai livelli pre-pandemici sia connesso alla crescente difficoltà delle aziende nel reperire personale”.
Il disallineamento tra domanda e offerta, insomma, sta diventando strutturale nel mercato del lavoro. E a parte al livello delle retribuzioni, sembrano incidere altri fattori: il calo demografico e la conseguente diminuzione persone in età da lavoro, il numero di giovani che vanno a lavorare all’estero, la domanda delle imprese concentrata in settori a basso valore aggiunto (con stipendi bassi), lo scarso appeal di alcune mansioni, gli scarsi investimenti su percorsi formativi tecnici (col possibile intervento di fattori culturali che scoraggiano questi studi). E poi – ma non tra i motivi principali – la volontà di continuare a percepire misure di sostegno al reddito, che pesa solo sul lavoro stagionale.
Intanto è convocato per venerdì prossimo a Palazzo Tursi il primo tavolo tecnico del lavoro, istituito su impulso del sindaco Marco Bucci con un’apposita delibera di giunta proposta dell’assessore allo Sviluppo economico Mario Mascia. “Oltre alla definizione delle modalità operative e all’illustrazione degli obiettivi del tavolo – spiega l’assessore Mascia – porterò all’attenzione di tutti i soggetti coinvolti, pubblici e privati, la criticità di estrema attualità del mancato incontro tra domanda e offerta di lavoro nella nostra città. Non pensiamo di avere la bacchetta magica, ma siamo convinti che ora più che mai sia indispensabile confrontarci e trovare soluzioni a breve termine”.
“I dati illustrati oggi da Confindustria, con cui sono in costante contatto, sul mismatch tra domanda e offerta sono preoccupanti anche se sono in linea con il resto del Paese – prosegue l’assessore -. Come abbiamo più volte detto, l’intenzione di questa amministrazione è quella di agevolare il più possibile il contatto tra imprese e lavoratori, diminuire la forbice attuale tra posti disponibili e posti che restano vuoti, andare alla ricerca delle cause e trovare soluzioni. Il Comune di Genova c’è e siamo pronti a mettere in campo ogni strumento a nostra disposizione per risolvere questo gap in uno scenario economico locale che ha visto molti segnali positivi a partire dalla ripartenza del turismo e delle performances del porto”.