Genova. Primo caso di vaiolo delle scimmie in Liguria, secondo la definizione dell’Oms. A segnalarlo è l’ospedale San Martino.
La patologia sarebbe stata riscontrata su una ragazza di 25 anni residente nel levante ligure, rientrata lunedì scorso dalle Canarie, ora ricoverata nel reparto diretto dal professor Matteo Bassetti. Al momento sono in corso gli accertamenti per confermare la diagnosi da parte della clinica di Malattie infettive.
Mercoledì il Diar di Malattie infettive di Alisa aveva prodotto il documento regionale per la gestione dei casi sospetti e confermati di vaiolo delle scimmie. “Abbiamo allertato le Asl e gli ospedali affinché ci fosse maggiore sensibilità nei confronti del vaiolo delle scimmie, visto che il tema principale è la diagnosi e noi siamo già in grado di utilizzare test specifici. Tutto si sta evolvendo in modo abbastanza rapido, ma il sistema è pronto“, aveva spiegato ieri il direttore generale Filippo Ansaldi a Genova24.
“Capisco la preoccupazione, ma è una situazione del tutto diversa, imparagonabile a quella che abbiamo già vissuto con il Covid. La nostra rete di sorveglianza, di monitoraggio, sia a livello europeo che a livello nazionale, e’ stata attivata come e’ giusto che sia e quindi dobbiamo seguirla con grande attenzione, ha rassicurato oggi il ministro della Salute Roberto Speranza.
Per quanto riguarda l’isolamento dei contagiati, il ministero della Salute nella circolare emessa negli scorsi giorni specifica che potrebbe essere applicata la quarantena “in specifici contesti ambientali ed epidemiologici, sulla base delle valutazioni delle autorità sanitarie”. E sul tracciamento dei contatti, si sottolinea: “Vanno considerati diversi contesti, tra cui famiglia, posto di lavoro, scuola/asilo nido, contatti sessuali, assistenza sanitaria, trasporti, sport, incontri sociali e qualsiasi altra interazione ricordata. Gli elenchi delle presenze, le liste passeggeri, ecc. possono essere ulteriormente utilizzati per identificare i contatti”.
Il rischio più alto di trasmissione è quello attraverso attività sessuale: “Nell’attuale focolaio di Mpx umano, la natura delle lesioni presenti in alcuni casi suggerisce che la trasmissione sia avvenuta durante i rapporti sessuali – dice il ministero della salute – La trasmissione attraverso il contatto con la pelle intatta è meno probabile, ma non può essere esclusa”.
La circolare, infatti, specifica che i contatti “devono essere monitorati almeno quotidianamente per l’insorgenza di segni/sintomi per un periodo di 21 giorni dall’ultimo contatto con un paziente o con i suoi materiali contaminati durante il periodo infettivo. I sintomi includono mal di testa, febbre, brividi, mal di gola, malessere, astenia, eruzione cutanea e linfoadenopatia”.