Genova. Un’ora prima del taglio del nastro le maestranze erano ancora al lavoro per sistemare gli ultimi dettagli e quando sono entrati i primi visitatori i pavimenti lasciavano trasparire i segni del cantiere appena chiuso.
Non è stato facile, tra Covid e carenze di materie prime, aprire e chiudere in 15 mesi i lavori per il nuovo MEI, il museo nazionale della migrazione italiana ma questa mattina, alla Commenda di Pré, si è aperta una realtà destinata a rilanciare il quartiere e l’offerta turistico-museale del capoluogo ligure. Voluto e finanziato dal ministero della Cultura nel 2018 con tre milioni, altri 2 milioni erano arrivati dal precedente governo Renzi, oltre a un supporto economico importante della Compagnia di San Paolo, è stato pensato insieme alla Soprintendenza dei beni culturali.
C’è chi l’ha definita la risposta genovese a Ellis Island, l’isola nella baia di New York dove dovevano transitare gli immigrati e oggi divenuta un museo. Il paragone è azzeccato se si pensa che alla Commenda, al contrario, gli immigrati passavano le loro ore prima di imbarcarsi sui “vapori” diretti nel nord o nel sud America. Ma il Mei è anche molto altro, grazie alle soluzioni multimediali, all’interattività delle postazioni, alle soluzioni pensate dai progettisti dello studio Gnosis e dagli allestitori di Ett.
Il museo è articolato su 16 aree, spazi piccoli o grandi distribuiti nella Commenda come in un labirinto. Il messaggio è che le migrazioni in Italia, infatti, non si sono mai fermate; sono aumentate o diminuite nel corso del tempo, hanno cambiato destinazione, ma l’Italia è stata e continua a restare un luogo da cui si parte verso il mondo, in cui si torna e in cui si arriva.
I visitatori e le visitatrici lungo il percorso incontreranno migranti di epoche diverse, ascolteranno le loro storie, testimoni sia della loro povera casa contadina, come dei contesti attuali, e così affronteranno il delicato momento della scelta di partire, riflettendo su quanto l’immaginario di nuove terre e nuove opportunità sia stato determinante nella scelta di lasciarsi alle spalle il lavoro, la casa e la famiglia di origine.
Le storie di vite dei migranti sono narrate attraverso fonti di prima mano, come le autobiografie, i diari, le lettere, le fotografie, oppure attraverso i giornali, i documenti conservati da enti, istituzioni statali e locali, archivi, musei, associazioni di emigrati, che fanno parte della grande rete di collaborazione che il MEI ha costruito in oltre 4 anni di lavoro di ricerca.
“Questo museo, Genova e i genovesi, lo dedicano a tutti quelli che sono qui a Genova ma provengono da altrove e poi anche a chi se n’è andato, anche io sono stato migrante, e non dimentico quella sensazione che si prova a partire e non sapere se si tornerà” ha detto il sindaco di Genova Marco Bucci durante il taglio del nastro presentato dalla presidente del Muma, Nicoletta Viziano.
“Questo luogo ospitava quelli che si imbarcavano per emigrare, ed è importante che sia la sede del museo – ha aggiunto Bucci – questo luogo da oggi deve essere sì uno spazio per la memoria ma anche un generatore di speranza di futuro, per quelli che ancora oggi hanno bisogno di migrare”. Secondo il sindaco il Mei non sarà “solo un tassello in più per l’offerta turistica ma anche per gli stessi cittadini genovesi”.
Al taglio del nastro il presidente della Regione Giovanni Toti ha ricordato: “Qui alla Commenda c’è stato per mesi uno dei primi centri-tamponi del periodo Covid, quindi vedere questi spazi, oggi, trasformati in luogo di cultura e svago ha un valore ancora più grande. E se i luoghi hanno un’anima questo luogo porta con sé quella di chi è passato di qui per cercare di farsi una vita altrove. Se il Mei doveva avere una sede non poteva che essere qui”.
All’inaugurazione, oltre all’intervento del presidente del comitato di indirizzo del Mei, Paolo Masini, anche un saluto video del ministro della Cultura Dario Franceschini e vicepresidente del Parlamento europeo Pina Picerno.
Il MEI alla Commenda, 16 aree e migliaia di storie.
Sin dalla prima area (area I) è evidente il tipo di approccio del Museo: multimediale, interattivo, e soprattutto “empatico”: un anziano emigrante, incontrato su una banchina del porto di Genova, confessa, insieme i dolori e i sacrifici della migrazione, ma anche le opportunità, le sfide, gli orizzonti aperti: le cose che mai avrebbe visto, se non fosse partito. Quell’anziano potrebbe essere niente poco di meno che il nonno di Papa Francesco, Francesco Sivori, marito di Maria Gogna, emigrato a Buenos Aires nel 19esimo secolo.
La stessa area propone una introduzione alla mobilità umana: dalla preistoria all’età medievale e moderna, aiutando a comprendere quanto sia antico il fenomeno migratorio.
Con l’area II (“Chi parte?”) e III (“Gli apripista”), il visitatore incontra contesti diversi nel tempo, uomini e donne che scelgono di partire, riproponendo in tempi e luoghi diversi, il dolore e l’angoscia per la rottura della relazione, il costo umano dell’allontanamento.
Nell’area IV, i visitatori entrano in contatto con le motivazioni che spingevano alla mobilità nell’Italia del secondo Ottocento: la povertà, la fame, la salute incerta determinata da condizioni di vita dure, sono tra le motivazioni della “Grande Emigrazione” (1892-1914).
L’area V, intitolata L’immaginario del migrante, è l’area della fascinazione collettiva, quasi onirica, dove attecchiscono le leggende metropolitane sui luoghi di destinazione come regni del Bengodi. Dopo un breve passaggio dedicato al viaggio del migrante, l’area VI, Destinazione mondo, mostra la diffusione dell’emigrazione italiana nel globo e una selezione di memorie diverse, dal lavoro allo sport, dalla cultura all’impresa, dei singoli e delle comunità italiane.
L’area VII e VII, Italiani in movimento, racconta al pubblico quei flussi migratori provocati da precise e specifiche contingenze: politiche, religiose, sociali o strettamente individuali. Storie di profughi, prigionieri di guerra, deportati, ma anche missionari e volontari: tutte quelle migrazioni “altre”, rispetto a quelle motivate da esigenze economiche, che hanno accompagnato e accompagnano tuttora la vita di tanti italiani e italiane nel mondo.
Si può dire che la politica ha sempre guardato alla questione migratoria in modo strumentale: come un problema, come una valvola di sfogo delle tensioni sociali, o addirittura – come nel fascismo – negandola e trasformandola in alimentazione per i suoi progetti coloniali: in questo senso l’area IX presenta questa complessità attraverso le parole dei protagonisti, recitate da attori, grazie ad una installazione multimediale immersiva (“teatro 360°).
Proseguendo nel percorso i visitatori potranno accedere all’area X, il Memoriale, una installazione artistica in cui un planisfero mostra i luoghi di tragedie che hanno coinvolto l’emigrazione: dal naufragio del Sirio all’incendio della Triangle a New York, dai fatti di Aigues Mortes alla strage di Marcinelle.
A questo punto, il visitatore raggiunge così il secondo piano, dove grazie ad una serie di installazioni interattive presenti all’interno del Labirinto (area XI), potrà immedesimarsi con l’esperienza migrante confrontandosi con le pressanti richieste dell’Ufficio immigrazione, dei datori di lavoro, di una padrona di casa, delle forze di polizia.
Il percorso prosegue poi con due aree (XII e XIV) dedicate al rapporto tra i migranti e le terre e le comunità di arrivo attraverso cinque focus su “lavoro”, “famiglie e abitazioni”, “comunità immigrate”, “tolleranza/intolleranza e devianza” partecipazione e cittadinanza attiva.
Sempre al secondo piano, uno spazio attrezzato verrà dedicato all’attività educativa per le scuole dei diversi cicli e per le attività con le famiglie, per coinvolgere anche i più giovani in questo percorso (area XII).
Il percorso museale si conclude, tornando al piano terra con una riflessione sulle mobilità interne al Paese – la migrazione interna ha avuto e ha ancora un forte impatto sulla realtà sociale ed economica in Italia – e con una prima presentazione delle migrazioni degli ultimi vent’anni (area XV), realizzata in particolare in collaborazione con la Fondazione Migrantes e basata sugli studi pubblicati nei diversi Rapporti sugli Italiani nel Mondo.
L’area XVI, conclusiva, dedicata al dialogo con il Museo, permette infine ai visitatori di lasciare una traccia del loro passaggio e di esprimere una personale riflessione sul concetto di migrazione. Una grande proiezione a parete darà evidenza di tutte le scelte effettuate.
ORARI DI APERTURA
Dal 12 maggio al 30 giugno: da giovedì a domenica con orario 11/18
BIGLIETTI:
intero € 7
ridotto € 5
famiglie € 16
scuole € 5
IL MEI IN NUMERI
16 sale
70 postazioni multimediali
65 monitor
25 proiettori laser Panasonic
Oltre 200 storie di emigrazione
Oltre 1300 immagini d’archivio
Attività
Oltre 5.000 ore di lavoro, tra progettazione, produzione e allestimento
Oltre 50 professionisti coinvolti
Circa 60 attori con la partecipazione speciale di Massimo Olcese
Oltre 20 professionisti dedicati a riprese e montaggio (regia, production, operatori, direzione del casting, costumi, trucco, direzione della fotografia, segreteria di produzione, fotografia)