Quante volte sentiamo dire che “ci vuole empatia”. Tante. E altrettante volte assistiamo sui campi di calcio al contrario: non di rado vicende di campo sfociano in fatti di cronaca. Ma quanto accaduto sabato scorso al “Piccardo” di Genova Borzoli è la realizzazione concreta dell’empatia, ovvero della capacità di mettersi nei panni degli altri.
La partita in questione è la gara di ritorno della fase regionale del campionato Under 15. Match importantissimo per i giovani atleti, visto che in ballo c’è la qualificazione al turno successivo agli sgoccioli di una stagione lunga, di divertimento ma anche di sacrificio. All’andata, si era imposto l’Albenga 3 a 1 e, dunque, la vittoria con una sola reti di scarto (2 a 1) del ritorno non è servita alla Sestrese per superare il turno.
Al triplice fischio, il capitano della Sestrese è rimasto sconsolato a terra nei pressi del cerchio di centrocampo. Certo, è una partita di calcio. Ma per i giovani calciatori in ballo c’è il sudore e la possibilità di continuare una vera e propria avventura. Lo sconforto prevale e viene la voglia di non abbandonare il rettangolo verde.
Ed ecco che l’empatia esce fuori, da chi magari non conosce la parola ma la applica in modo naturale. Presi dai festeggiamenti, un paio di giocatori dell’Albenga si accorgono del momento che sta vivendo l’avversario. Tornano sui loro passi e lo vanno ad abbracciare. Qualche pacca sulla spalla, la sensibilità di chi magari in altre occasioni ha vissuto una situazione analoga. Ecco che la vittoria più bella arriva oltre il triplice fischio.
Ed ecco che l’empatia esce fuori, da chi magari non conosce la parola ma la applica in modo naturale. Presi dai festeggiamenti, i giocatori dell’Albenga si accorgono del momento che sta vivendo l’avversario. Tornano sui loro passi e lo vanno ad abbracciare. Qualche pacca sulla spalla, la sensibilità di chi magari in altre occasioni ha vissuto una situazione analoga. Ecco che la vittoria più bella arriva oltre il triplice fischio.