Genova. Porti chiusi alle navi, divieto di ingresso ai tir, stop alle importazioni di carbone ma anche di prodotti ittici, legno, cemento e liquori. L’Unione Europea si appresta a varare un nuovo pacchetto di sanzioni contro la Russia in risposta all’invasione dell’Ucraina, misure che per la prima volta comprendono anche il settore energetico. Per ora non si chiuderanno i rubinetti del gas e del petrolio, nonostante la parziale apertura della Germania che di fatto ha il potere di decidere la partita. Ma che effetto avrà l’ultima ondata di ritorsioni anti-Putin sull’economia genovese?
A conti fatti, stavolta i danni saranno piuttosto limitati. Partiamo da un dato generale: nel 2021 il porto di Genova ha scambiato merce con gli scali russi per un totale di 1,12 milioni di tonnellate, di cui il 99,9% importate. Si tratta dell’1,7% dei traffici totali (che ammontano a 64,5 milioni di tonnellate) e del 2,8% delle merci sbarcate (40,3 milioni di tonnellate). Una frazione di certo non irrisoria, ma nemmeno così importante da determinare una crisi nel breve periodo. Più della metà delle importazioni dalla Russia arriva da Primorsk e Ust’-Luga, porti affacciati sul Mar Baltico nell’exclave di Kaliningrad, e un’altra quota rilevante da Novorossijsk sul Mar Nero.
La merce in arrivo dalla Russia, fatta eccezione per qualche decina di container (precisamente 188 Teu l’anno scorso) che valgono lo 0,02%, è costituita in massima parte da rinfuse liquide (1,1 milioni di tonnellate), cioè sostanzialmente petrolio che viene scaricato a Multedo. Considerato che nel 2021 i prodotti petroliferi transitati da Genova ammontavano a 12,28 milioni di tonnellate, si può stimare che l’import dalla Russia pesi per il 9% su questo tipo di traffici. Ma al momento le sanzioni previste non riguardano gli idrocarburi. E comunque, per quanto riguarda lo stop alle navi, quelle battenti bandiera della Federazione ex sovietica non sono poi molte, anche perché negli ultimi mesi non sono mancate le imbarcazioni che si sono registrate a nome di un Paese diverso proprio per evitare ripercussioni del genere.
A fermarsi sarà invece il carbone. Ma anche in questo caso le ricadute sui terminal genovesi si preannunciano molto contenute: nel 2021 al Terminal Rinfuse gestito dal Gruppo Spinelli sono arrivate 3.544 tonnellate di carbon fossile, tutte provenienti dalla Russia e precisamente da Rostov sul Don, che si trova a 170 chilometri da Mariupol. D’altra parte parliamo sempre di una quota praticamente irrilevante, lo 0,04% del totale movimentato l’anno scorso che è pari a 761.080 tonnellate. L’ultima nave russa carica di carbone ha lasciato sabato scorso le banchine sotto la Lanterna e potrebbe essere stata l’ultima a toccare un porto italiano prima dell’entrata in vigore del nuovo pacchetto di sanzioni.
A fare paura, insomma, non sono le misure punitive nei confronti della Russia ma piuttosto il protrarsi della guerra che rischia di avere conseguenze su scala globale. “Ciò che ci preoccupa – ha spiegato oggi il presidente dell’Autorità portuale Paolo Emilio Signorini – è il calo della domanda aggregata a livello mondiale, lo stesso che è successo con l’emergenza Covid. Se cala la domanda, cala anche il volume commerciale marittimo mondiale e di riflesso calano i traffici dei nostri porti“. Per quanto riguarda i rapporti diretti con la Russia il presidente del porto conferma: “Non prevediamo forti impatti”.
Quelle che pesano sull’economia locale sono invece le sanzioni già in atto che colpiscono in particolare l’esportazione di prodotti tecnologici. Le industrie liguri non hanno molti rapporti diretti con la Russia, ma ci sono diverse realtà attive nel settore dell’automazione industriale e dell’elettronica che ne risentono in via indiretta tramite commesse acquisite perlopiù in Germania. Da valutare invece le possibili ricadute sul turismo, visto che le Riviere (ma negli ultimi anni anche Genova) sono mete privilegiate dei ricchi viaggiatori russi e dei proprietari di maxi yacht già colpiti da sequestri milionari.