Genova. Sono almeno 50 i lavoratori che rischiano di trovarsi senza occupazione dopo l’interdittiva antimafia arrivata al consorzio ReseArch, vincitore della gara per la realizzazione dello scolmatore del Bisagno. È uno dei problemi che dovranno affrontare nei prossimi giorni i sindacati e la struttura commissariale guidata dal presidente ligure Giovanni Toti, che assicura: “Lavoriamo perché non si perda neanche un minuto”. Nel frattempo il cantiere si è completamente fermato in attesa della necessaria messa in sicurezza.
“Martedì mattina alle 7.00 ci sarà un’assemblea in cantiere e decideremo il da farsi – annuncia Andrea Tafaria, segretario generale della Filca Cisl -. Sicuramente chiederemo alla Regione l’attivazione della cassa integrazione in deroga, poi vedremo se sarà possibile attivare una clausola sociale per far sì che i lavoratori del consorzio possano essere riassorbiti da chi subentrerà. Il problema è che il prezziario nel frattempo è aumentato e la nuova impresa troverà molte difficoltà”. Il consorzio impiegava circa 50 lavoratori, tra cui 15 assunti a Genova in virtù di un accordo coi sindacati per il ricollocamento degli edili disoccupati. A questi va aggiunto un indotto di imprese subappaltatrici e fornitori difficilmente quantificabile.
“Le lettere del Rup, responsabile unico del procedimento, al consorzio di imprese affinché cessino immediatamente le lavorazioni sono già partite – ha assicurato Toti -. Siamo pronti a incontrare la seconda classificata già nei prossimi giorni ed è quello che faremo. Il nostro impegno è massimo non solo vista la grandissima importanza dell’opera per Genova, ma anche tenendo conto degli inevitabili disagi che comporta il cantiere per gli abitanti dei quartieri interessati. Di fronte a situazioni di questo tipo non è possibile nessuna discrezionalità, e quindi non si può fare altro che attivare le procedure di risoluzione contrattuale come previsto dalla normativa antimafia”.
L’interdittiva antimafia partita dalla prefettura di Salerno e notificata da quella di Genova è stata solo l’ultima sciagura per un cantiere già pieno di problemi. A quasi due anni dalla partenza dei lavori celebrata in presenza dell’allora ministra De Micheli, lo stato di avanzamento dell’opera, che avrebbe dovuto concludersi nel 2024, sarebbe fermo al 6% secondo quanto risulta ai sindacati. L’appalto vale poco più di 160 milioni di euro finanziati dal Governo nel 2015 col piano nazionale Italia Sicura. Poi, oltre agli inevitabili disagi patiti dai residenti, sono arrivate le proteste delle maestranze per gli stipendi pagati in ritardo. Per accelerare le operazioni di scavo si era parlato di una super-talpa che sarebbe dovuta arrivare dalla Cina: ad oggi il macchinario non è mai arrivato in cantiere.
Ritardo che adesso rischia di aggravarsi ulteriormente visto lo stop forzato ai lavori. “Si tratta procedure inevitabili, come in ogni altro cantiere colpito da simili provvedimenti, senza eccezione alcuna, e da parte nostra non era possibile far procedere le altre aziende che costituiscono il consorzio, dato che il provvedimento riguarda l’intero consorzio – precisa Toti – Non sussiste altra possibilità che appunto agire in questo modo e procedere ad un nuovo affidamento, passaggio di cui ci occuperemo già nella prossima settimana”.