Ucraina. Nicola B. ha 46 anni, è bergamasco ed è un imprenditore nel settore della ristorazione italiana e ristrutturazione di appartamenti. Vive da tre anni a Dnipro con la moglie ucraina, una figlia e due cani. Da quando è scoppiata la guerra è stato costretto a lasciare il suo lavoro – i ristoranti sono ormai chiusi a causa del conflitto -, e non ci ha pensato su: non è andato via dall’Ucraina e ha iniziato ad impegnarsi nel volontariato. E’ stato incaricato dal sindaco: coordina e gestisce gli arrivi di aiuti umanitari che giungono dall’Italia, Francia e Svizzera e anche da un’associazione californiana; insieme agli altri volontari cerca alloggi e strutture per ospitare gli sfollati.
“La città di Dnipro rispetto ad altre città è meno colpita – dice – ed è diventata un hub umanitario che accoglie migliaia di persone da altre località maggiormente colpite dalle bombe”. Lo abbiamo sentito ai microfoni di Ivg e Genova24. Nell’apprendere che l’intervista sarà pubblicata in Liguria si lascia andare ai ricordi e ai legami con la nostra regione.
Ma quando si lasciano i ricordi del passato e si riparla di guerra il suo tono si fa greve e preoccupato. “All’indomani dall’invasione dei russi sono stato contattato via mail dall’ambasciata italiana in Ucraina e anche dalla Farnesina – riprende -. Ci hanno chiesto di lasciare subito il Paese. E giovedì la Farnesina, probabilmente dopo una mia apparizione su Rai 1, mi ha telefonato per informarsi su come stavo, anche perché io sono l’ultimo italiano rimasto a Dnipro“.
“Se però ritorno a quel 24 febbraio, devo ammettere che sinceramente nessuno di noi si aspettava che ci sarebbe stata l’invasione russa, io onestamente pensavo di no, e ho pensato che se proprio avrebbero attaccato sarebbe stato su siti militari, ma non è così: uccidono i civili. Da Dnipro con gli altri volontari quando ci riusciamo andiamo a prendere chi è bloccato nelle città sotto le bombe e li portiamo qui – aggiunge -. Gli sfollati sono principalmente donne, bambini e orfani. Noi prepariamo il cibo per coloro che restano nelle città bombardate e poi al ritorno riportiamo qui le persone che se ne vogliono andare”.
“Il problema è che nonostante ci siano corridoi umanitari, e i russi lo sappiano perfettamente, ci sparano addosso. Le immagini di questi attacchi sui convogli umanitari stanno facendo il giro del mondo. La cosa brutta è che sembrano cercare apposta di colpire i civili: sembra una caccia all’uomo – racconta -. A Dnipro la situazione è migliore che in altre città, ma da due giorni bombardano anche da noi, e quando lo fanno anche la nostra casa trema, ma siamo pronti a tutto e finchè ci sarà la guerra io resterò qui”.
“Ho visto quanto siano importanti i volontari e gli aiuti umanitari e quindi io e mia moglie abbiamo lasciato perdere l’idea di spostarci in un’altra zona. Certo, se la situazione dovesse precipitare a Dnipro, come sta accadendo a Mariupol, farò le mie valutazioni, forse sarò costretto ad andarmene: per ora però io non mi muovo di qui. I bombardamenti anche da noi continuano, ma i russi nella regione di Dnipro non ci sono, perchè vengono respinti dalle forze ucraine. La situazione è relativamente tranquilla, non siamo a Kharkiv o Mariupol insomma, – racconta Nicola – dopo aver messo in sicurezza la nostra casa con tavole di legno alle finestre la mia famiglia non scende nei rifugi quando suonano le sirene di allarme, anche perchè sono sempre in giro come volontario. Qui a Dnipro stiamo seguendo 17mila persone tra alloggiati e sistemati che sono arrivate da ogni zona di guerra”.
Non solo guerra, anche il Coronavirus è un problema: “Qua il Covid sembra scomparso, non se ne parla più. Poche persone, una decina in tutta la città da quando è scoppiata la guerra mettono ancora la mascherina”, conclude Nicola.