Messa alla prova

Morte di Martina Rossi, per gli amici che depistarono le indagini 280 ore di volontariato e 1500 euro

Hanno offerto di devolvere la somma a un'associazione per le donne vittime di violenza, ma stamattina non si sono nemmeno presentati in aula

martina rossi

Genova. Dovranno svolgere 280 ore a testa di volontariato Federico Basetti ed Enrico D’Antonio, i due amici accusati di avere depistato le indagini sulla morte di Martina Rossi, la studentessa genovese morta a Palma di Maiorca nel 2001 dopo essere precipitata dal balcone mentre cercava di sfuggire a un tentativo di stupro.

Per quella morte sono stati condannati in via definitiva a tre anni Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi. Al termine delle ore di volontariato il reato si estingue. Basetti e D’Antonio hanno scritto una lettera ai genitori di Martina con la quale hanno preso le distanze da Albertoni e Vanneschi.

I due si sono detti rammaricati per quanto successo e di avere sbagliato perché erano giovani. Hanno anche offerto 1.500 euro a testa da devolvere a una associazione che si occupa di violenza contro le donne. I due però stamattina non si sono nemmeno presentati all’udienza per la concessione della messa alla prova, atteggiamento stigmatizzato dall’avvocato Stefano Savi, che assiste i genitori di Martina, ma la messa alla prova è stata comunque concessa dal giudice.

Secondo la Cassazione Martina morì nel tentativo di fuggire a uno stupro. Vanneschi e Albertoni sono stati condannati per tentata violenza sessuale mentre è andata prescritta l’accusa di morte come conseguenza di altro reato. Gli investigatori spagnoli avevano sbrigativamente chiuso le indagini come suicidio ma grazie alla tenacia dei genitori di Martina, assistiti dall’avvocato Stefano Savi, e all’allora pm Biagio Mazzeo le indagini erano state portate avanti a Genova e avevano scoperto che la studentessa era stata aggredita.

Più informazioni
leggi anche
martina rossi
Ad arezzo
Martina Rossi, un anno dopo la sentenza di condanna Vanneschi e Albertoni si costituiscono in carcere

Per favore, disabilita AdBlock per continuare a leggere.

Genova24 è un quotidiano online gratuito che non riceve finanziamenti pubblici: l’unica fonte di sostegno del nostro lavoro è rappresentata dalle inserzioni pubblicitarie, che ci permettono di esistere e di coprire i costi di gestione e del personale.
Per visualizzare i nostri contenuti, scritti e prodotti da giornalisti a tempo pieno, non chiediamo e non chiederemo mai un pagamento: in cambio, però, vi preghiamo di accettare la presenza dei banner, per consentire a Genova24 di restare un giornale gratuito.