Simbolico

Ucraina, gelateria genovese crea un gusto con i colori della bandiera: “Ma non è in vendita”

Particolare iniziativa di solidarietà ideata da un laboratorio artigianale a Marassi

Generico marzo 2022

Genova. Giallo come il grano, blu come il… puffo. Non appaia come poco rispettoso il riferimento ai colori della bandiera ucraina all’interno di una vaschetta di gelato. L’idea è venuta ad Andrea Valdettaro, titolare della Cremeria degli Artisti di corso Sardegna a Marassi. E il nuovo gusto, chiamato Freedom, è adesso al centro del banco frigo tra gli altri gelati, più o meno classici. Con una particolarità: esso non è in vendita.

“Non lo vendiamo. Perché è un principio. E come tale non lo si può toccare o prendere. È inviolabile”, scrive il pasticciere. Che aggiunge: “Non è un messaggio pro Ucraina contro Russia. Non è contro nulla, se non contro un unico inviolabile principio universale. Contro una guerra con vittime di violenza: su ambo i fronti”.

“Un modo per farsi un po’ di pubblicità?”, si chiederà qualcuno. Valdettaro, però, spiega il suo gesto: “Abbiamo pubblicato il post con il gusto di gelato sui social per dare l’imput, a chi ne avesse voglia, di esprimere un concetto analogo. Ognuno può trovare una modalità che ritiene più idonea, in base a come si sente di esprimerla. I colori sono quelli dell’Ucraina, perché in questo momento sono loro l’esempio e il capro espiatorio massimo di ciò che è in gioco. In gioco per tutti. È un qualcosa contro la libertà di vita, di esprimersi, di difendersi”.

Il gelataio racconta anche un aneddoto. “Quando ho pensato di realizzare questa vaschetta, per correttezza, ne ho voluto parlare con un mio dipendente, un bravissimo ragazzo, russo – scrive – però quando, quello stesso giorno, l’ho visto arrivare a lavoro con una fascia al braccio con i colori dell’Ucraina, ho capito che non ce ne sarebbe stato bisogno. Perché eravamo esattamente sulla medesima linea di pensiero. Tant’è che mi ha chiesto se poteva essere lui stesso a farla materialmente… e così ha fatto… I simboli non si possono vendere. Perché non gli si potrà mai dare un prezzo”.

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