Genova. Circa 3000 persone hanno partecipato in questo sabato 5 marzo a Genova alla manifestazione internazionalista contro la guerra e contro il riarmo.

Studenti, lavoratori, pensionati, famiglie con bambini, cittadini italiani e di altre nazionalità: in tanti hanno raccolto l’appello lanciato dagli organizzatori per dire no all’attacco all’Ucraina ma anche alle politiche di gran parte dei Paesi Ue e della Nato, “per dire no a questa e a tutte le guerre!” urla una ragazza che sorregge in mano uno degli striscioni.

Tante bandiere rosse – Lotta Comunista era fra i principali organizzatori, insieme al movimento Genova Solidale – e qualche bandiera della pace. Pochi ma presenti anche alcuni rappresentanti della comunità ucraina.

La manifestazione si è snodata tra la stazione marittima, via Gramsci, l’Annunziata, Fontane Marose, via XXV Aprile e De Ferrari per culminare in piazza Matteotti dove si è tenuto un comizio finale.

I promotori della manifestazione, nelle ore che hanno preceduto il corteo, hanno formulato un documento condiviso sul tema del pacifismo contrapposto alle politiche imperialiste. Questo il testo integrale:

CENTO ANNI FA: IERI E OGGI CONTRO LA GUERRA
Nel marzo del 1922, cento anni fa, gli squadristi fascisti assaltano la sede de “Il Lavoro”. La redazione del giornale è sorvegliata da 2 sole guardie impotenti. I fascisti danneggiano i locali e poi sfilano per le vie di Genova esibendo come trofeo la targa di ottone del giornale che hanno divelto. L’anno precedente, il 4 luglio 1921 alle ore 22.45, a Sestri, le squadre fasciste, dopo aver commesso atti di violenza contro operai isolati, avevano attaccato con le armi la Camera del Lavoro. Un assalto in piena regola, non certo inaspettato, infatti da tempo la sede era costantemente presidiata dai lavoratori: un centinaio di operai, sindacalisti, comunisti e anarchici riuscirono a resistere per tutta la notte, fino all’alba del giorno successivo. Eppure i fascisti erano appoggiati da carabinieri e poliziotti, ma nonostante i colpi di moschetto e di rivoltella e le numerose bombe a mano lanciate, i fascisti non erano riusciti a entrare nella sede della Camera del Lavoro finché non arrivarono in loro aiuto le guardie regie e 3 autoblindate. I difensori riuscirono a resistere per tutta la notte e, esaurita ogni possibilità di resistenza, riuscirono a lasciare l’edificio sfuggendo all’accerchiamento. I fascisti distrussero e poi appiccarono il fuoco alla sede dei lavoratori. Eppure l’anno successivo, nel 1922, quando le violenze fasciste erano ulteriormente aumentate, i dirigenti de “Il Lavoro” non prevedevano l’attacco fascista. Perché?
“Il Lavoro” era nato a Genova il 7 giugno 1903, un quotidiano per la difesa degli interessi degli operai. La fondazione del giornale era anche il frutto del grande sciopero generale del 1900, il primo sciopero di un’intera città che riuscì ad ottenere la riapertura delle soppresse Camere del Lavoro. Ma molti dei socialisti riformisti genovesi, tra i protagonisti di quella vittoria operaia, nel 1915 si schierarono per la partecipazione dell’Italia alla guerra: si schierarono con Mussolini. Quando il futuro duce, il 18 ottobre, si pronunciò per l’intervento, “Il Lavoro” gli si affiancò immediatamente, con un articolo intitolato “Parole chiare di Mussolini”. I socialisti riformisti genovesi lo invitarono anche a tenere un comizio all’Università Popolare in via Dante. I pacifisti neutralisti organizzarono una protesta. Il salone era presidiato da ingenti forze di polizia, ma alla fine del comizio i contestatori costrinsero alla fuga Mussolini, che trovò rifugio e scampo proprio nella sede de “Il Lavoro”, protetto dallo stesso Ludovico Calda, dirigente socialista. Ecco perché nel 1922 i socialisti de “Il Lavoro”, che avevano salvato Mussolini, pensavano di essere al riparo dagli attacchi fascisti.
Ritorniamo al 19 ottobre 1915: “Il Lavoro” descrive la contestazione del giorno prima a Mussolini definendo i protagonisti “porci…fanatici rivoluzionari pacifisti che continuarono ad emettere grida di abbasso la guerra”. Per il giornale sono porci panciafichisti, alterazione di pacifisti, termine denigratorio per chi si vuole riempire la pancia di fichi per evitare vilmente il pericolo ed è per questo contrario alla guerra.
OGGI PARTECIPARE AI CORTEI INTERNAZIONALISTI CONTRO IL RIARMO E LA GUERRA È ANCHE IL MODO MIGLIORE PER ONORARE GLI ANARCHICI, I SOCIALISTI, I COMUNISTI, I LAVORATORI CHE, NONOSTANTE GLI INSULTI E LA REPRESSIONE, SI ERANO OPPOSTI AL MASSACRO DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE.

Il manifesto è stato sottoscritto da diverse figure della politica e della società civile cittadina: Antonio Benvenuti, Compagnia unica Paride Batini, Stefano Bonazzi, segretario Generale Fiom Cgil Genova, Mirko Bonomi, del Teatro dell’Ortica, Giordano Bruschi, il partigiano Giotto, del circolo Sertoli, Megu Chionetti, comunità di San Benedetto al porto, Ferdinando Fasce, Università di Genova, Mario Iannuzzi, sindacato Fials, Stefano Kovac, Arci Genova, Bruno Manganaro, Cgil Camera del Lavoro di Genova, Paolo Segagliari, circolo Lo Zenzero, Domenico Saguato, Genovasolidale, Francesco Surdich, Università di Genova, Getto Viarengo, storico, Marcello Zinola, giornalista, Gianni Alioti, ex Ufficio Internazionale Fim Cisl, Gianni Pastorino, consigliere regionale Linea Condivisa.

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