Genova. Si apre il primo spiraglio dopo poco più di due mesi dall’ordinanza ministeriale che ha messo di fatto in lockdown i boschi di Genova per contenere la diffusione della peste suina. A giorni, probabilmente entro la settimana prossima, è atteso da Roma un nuovo provvedimento che dovrebbe dare il via libera alle Regioni per allentare le restrizioni vigenti e quindi consentire nuovamente il trekking e le altre attività nella natura attualmente vietate in “zona rossa”.
“Stiamo lavorando per questo – conferma Angelo Ferrari, direttore dell’istituto zooprofilattico sperimentale di Liguria, Piemonte e Valle d’Aosta e commissario nominato dal Governo -. A breve dovrebbe uscire un dispositivo del ministero della Salute che darà ulteriori indicazioni e qualche spiraglio in più. Bisogna però che Comuni, Regioni e concessionari autostradali inizino a mettere in campo una serie di misure: una volta soddisfatte queste richieste si potrà passare a un effettivo allentamento”.
Facciamo chiarezza: i confini della zona rossa per ora non si toccano. “Anzi – puntualizza Ferrari – abbiamo rischiato di doverla ampliare nell’Ovadese perché ci sono stati alcuni ritrovamenti sospetti. Ma per ora l’ipotesi è scongiurata”. Restano 36 i comuni liguri ricompresi nell’area infetta, incluso il territorio di Genova. E se al momento appare lontana l’ipotesi di ritoccare i confini, almeno non arrivano cattive notizie dal Levante ligure che temeva di finire risucchiato dai divieti. Per ora sono sempre 66 i casi accertati, invariati rispetto all’aggiornamento precedente: 38 positivi in Piemonte, 28 positivi in Liguria.

Il provvedimento del ministero conterrà una serie di prescrizioni che Regioni e Comuni dovranno attuare. Anzitutto bisognerà passare dal monitoraggio passivo al monitoraggio attivo: “All’interno della zona infetta, per valutare la presenza del virus, si useranno gabbie o trappole per attirare i cinghiali e sottoporli al test – spiega Ferrari -. La Liguria ha già dato indicazione di trasferire nei boschi della zona rossa tutte le gabbie disponibili”.
Poi però dovrà scattare anche il cosiddetto depopolamento: “Lontano dalle zone infette potrà esserci una caccia di selezione“, chiarisce il commissario. L’obiettivo sul medio-lungo termine è infatti ridurre il numero di esemplari a rischio e quindi allontanare i cinghiali dalle aree urbane e dagli alvei dei torrenti che le attraversano. La famosa colonia di ungulati nel Bisagno, insomma, ha poche speranze di uscirne indenne.
Per riaprire i boschi servirà anche una speciale cartellonistica informativa sui sentieri per sensibilizzare chi frequenta questi ambienti ad adottare misure precauzionali, come la disinfezione di attrezzature, scarpe e vestiti dopo le escursioni. Al momento sui versanti liguri non sarà necessario installare nuove reti anti-cinghiali, ma il commissario Ferrari nelle prossime ore chiederà ad Autostrade di accelerare sul piano che prevede 116 chilometri di recinzioni di cui 49 prioritari da concludere entro fine aprile.
Chi scalpita per tornare nei boschi dovrà attendere probabilmente le prime settimane di aprile: “Verso la fine della prossima settimana sarà in vigore il dispositivo del ministero, poi ci auguriamo che le misure affidate alle Regioni possano essere pronte nell’arco di 10-15 giorni – riflette Ferrari -. Sarà mio compito spronarle a fare più velocemente possibile”.
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