Sanità

Case e ospedali di comunità, Pd: “Se non si pensa anche alla loro funzione il rischio è di creare dei contenitori vuoti”

Natale e Garibaldi: "Il Pnrr vuole mettere a sistema gli aspetti sanitari e quelli sociali, non deve servire per finanziare ammodernamenti dell’esistente, ma nasce perché l’esistente non è sufficiente"

ambulatorio ospedale

Genova. “Le case e gli ospedali di comunità che nasceranno grazie ai fondi messi a disposizione dal Pnrr, sono una grande occasione per cambiare nel profondo la sanità ligure, perché garantiranno maggiori servizi per il territorio e una cura di prossimità in grado di rispondere maggiormente alle esigenze dei cittadini” dicono il consigliere regionale del Partito Democratico, e presidente commissione Ngeu Davide Natale e il capogruppo del Partito Democratico Arricolo Uno Luca Garibaldi dopo che Toti ha inviato al governo il piano di rafforzamento della sanità territoriale attraverso le case e gli ospedali di comunità.

E continuano: “Ma la Giunta Toti ad oggi, quando parla di case e ospedali di comunità snocciola solo numeri senza presentare un piano organico che parli di funzioni, perché le case e gli ospedali di comunità non devono rispondere soltanto a esigenze legate ai servizi prettamente sanitari ma anche a quelle sociali. La Regione Liguria ha fatto questo ragionamento? Ha individuato quali servizi sociali inserire nelle case di comunità? Ha individuato con gli enti locali i confini di pertinenza o sta semplicemente sostituendo delle insegne: trasformando delle Case della salute in casa di comunità?”

“Ogni casa di comunità – proseguono Natale e Garibaldi – dovrebbe fare riferimento ai Comuni, gli unici che conoscono da vicino quali sono i bisogni del territorio, ma a noi non risulta che Toti abbia avviato questo dialogo, anzi, molti comuni sono stati messi sul fatto compiuto. Il nostro timore è che non venga colto il cuore della riforma: il Pnrr vuole mettere a sistema gli aspetti sanitari e quelli sociali, non deve servire per finanziare ammodernamenti dell’esistente, ma nasce perché l’esistente non è sufficiente. Se fosse sufficiente quello che abbiamo si sarebbe puntato su altro, invece l’obiettivo è modificare l’architettura del servizio sanitario e sociale”.

“Bisogna partire dall’organizzare la rete dei comuni per individuare siti dove delegare le funzioni sociali, con la presenza di assistenti sociali, per rispondere alle povertà diffuse ma anche all’assistenza di chi non è autosufficiente o vive solo. Di tutto questo la Regione non ha mai parlato, si è solo fermata ai numeri e a individuare dei siti fisici e non a fare un progetto sui contenuti, quello che altre Regioni invece stanno facendo. Nessun’altra Regione approccia questa opportunità solo come se fosse una questione sanitaria, ma come una profonda integrazione tra sanità e sociale, per traguardare nuovi tipi di organizzazione, a cui lo Stato provvederà anche ampliando le assunzioni nelle professioni sanitarie”.

“Se non si fa questo, se non si modifica la prospettiva, il rischio – concludono – è di ritrovarsi con dei contenitori vuoti incapaci di modificare quella struttura sanitaria che nella pandemia ha mostrato tutte le sue debolezze e di sprecare risorse e un’opportunità unica”.

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