Ripercussioni

Sanzioni alla Russia, industriali in allarme: “Anche in Liguria ne pagheremo le conseguenze”

Con Mosca import-export per 260 milioni nel 2019, rischiano soprattutto automazione ed elettronica. Mondini (Confindustria): "Con un'escalation di sanzioni ci rimetterà l'Europa"

putin

Genova. L’obiettivo è “erodere la base dell’economia russa“, come ha ribadito ieri la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, ma il timore è quello di un effetto boomerang. E cioè che le conseguenze delle sanzioni in risposta all’invasione dell’Ucraina finiscano per affossare un’economia in graduale ripresa dopo il Covid e già fiaccata dal vertiginoso aumento dei costi energetici. Vale per l’Europa, vale per l’Italia e vale anche per la Liguria che – discorso a parte per il turismo – ha diversi legami economici diretti e indiretti con la Russia (e in piccola parte con l’Ucraina).

Anzitutto qualche numero: secondo dati Istat, l’import-export tra Russia e Liguria ammontava a quasi 260 milioni di euro nel 2019 per poi contrarsi a poco più di 220 milioni nel 2020 e 116 milioni per il periodo gennaio-settembre 2021, numeri influenzati ovviamente dalla pandemia. La bilancia commerciale è sempre stata negativa perché a pesare sono soprattutto le importazioni di petrolio e altre materie prime di natura estrattiva. Le esportazioni, nell’ordine dei 100 milioni all’anno, riguardano in particolare macchinari, prodotti chimici e componenti elettronici. E sono proprio questi ultimi i beni più a rischio, visto che il secondo pacchetto di sanzioni dell’Ue vieta l’esportazione di tecnologia e attrezzature necessarie per il miglioramento delle raffinerie di petrolio russe.

“Dobbiamo tenere conto che c’è sempre una parte di export non tracciato – spiega Giovanni Mondini, presidente di Confindustria Liguria -. Molte delle nostre aziende lavorano su commessa, ma è frequente la situazione in cui il committente magari è una società con sede in Germania che realizza un impianto per la Russia e acquista i componenti in Liguria. Quella produzione non viene tracciata come esportazione verso la Russia, ma nel momento in cui viene imposto un divieto a livello europeo viene a mancare l’intera filiera e anche la nostra azienda subisce un danno. È un problema che riguarda soprattutto settori come l’automazione e l’elettronica per l’industria ed è ovvio che ci sia molta preoccupazione. E poi le sanzioni che colpiscono il sistema bancario russo potrebbero mettere a rischio eventuali crediti vantati dalle imprese”.

L’impatto sui traffici via mare, invece, sarà piuttosto limitato. Le relazioni tra i porti di Genova-Savona e la Russia si concentrano principalmente sull’import di prodotti petroliferi che nel 2021 si sono attestati a circa 1,2 milioni di tonnellate, la maggior parte (1,1 milioni) sbarcate al Porto Petroli di Genova. Importazioni che, comunque, si sono fortemente contratte tra il 2019 e il 2021. Il primo porto di provenienza è quello di Novorossiysk, sul Mar Nero, nella regione russa di Krasnodar tra il Donbass e la Georgia. La maggior parte degli scambi con la Russia viene gestita in realtà dai porti del Nord-Est.

E l’Ucraina? Verso Kiev la Liguria non esporta quasi nulla, però importa una discreta quantità di acciaio. Esiste una ragione precisa: a Genova c’è l’ex Trametal, acciaieria ceduta dalla famiglia Malacalza alla società ucraina Metinvest che ha posto qui la sua base nel Sud Europa. Il valore complessivo delle importazioni nel 2021 ha sfondato quota 135 milioni di euro. Un altro bene primario che arriva da quei territori nel nostro Paese è il grano, ma sono traffici che riguardano solo marginalmente la nostra regione. I traffici portuali complessivi tra Genova-Savona e Ucraina si attestano a sole 166mila tonnellate che rappresentano appena il 2% del traffico complessivo via mare con l’Italia.

“Ad oggi è ancora presto per capire quale sarà l’impatto, tutti ci stiamo chiedendo che cosa succederà – conclude Mondini -. Quel che è certo è che, se ci sarà un’escalation di sanzioni, a rimanerne più colpita sarà l’Europa piuttosto che gli Stati Uniti. Più aumenteranno e più perderemo competitività nei confronti dell’America e della Cina. Anche perché loro sono più indipendenti di noi rispetto alle materie prime, e noi avevamo già un problema enorme sul caro energia. Purtroppo l’evoluzione non sembra positiva e non crediamo che ci saranno soluzioni a breve”.

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