Genova. Sono dieci le persone senza dimora morte a Genova nell’ultimo anno a causa della durezza della vita per strada. Le ha ricordate la Comunità di Sant’Egidio in una messa celebrata nella basilica della Ss. Annunziata del Vastato.
Tante le persone raccolte per fare memoria dei nomi e delle storie di chi ha vissuto ed è morto ai margini della città: i volontari, anche molto giovani, e moltissimi dei senza dimora genovesi. Don Maurizio Scala, coordinatore del servizio per strada di Sant’Egidio ha presieduto la liturgia. “Le persone che ricordiamo – ha detto – sono morte per la durezza della vita, ma anche per la durezza della nostra città che spesso non sa fermarsi con chi ha bisogno. Ma questo tempo di pandemia, che spinge a chiudersi, isolarsi, a tenere gli altri lontani, ci ha mostrato anche che non c’è gioia da soli”.
Nel cuore della messa – che da vent’anni Sant’Egidio dedica alla memoria di Pietro Magliocco, che dormiva nella stazione di Sampierdarena ed è morto di polmonite nel 1993 a 57 anni – i volontari hanno ricordato decine di donne e uomini morti per le strade di Genova. Storie diverse, accomunate spesso da un’età molto giovane (l’aspettativa di vita di un senza dimora è di vent’anni inferiore a quella degli altri cittadini) e da vicende di fragilità e dipendenze. Silvio ha vissuto 25 anni per strada e la sua salute ha avuto un crollo proprio quando Sant’Egidio era riuscito a trovargli una sistemazione, Pavel, che dormiva nel gabbiotto della fermata del bus davanti all’ospedale Galliera, è morto a 35 anni per un problema cardiaco, e poi Manfred, Tonino, Alice, Ignazio. “Erano miei amici – spiega commosso Riky, che dorme per strada nel centro di Genova e tiene nella mano un fiore giallo da deporre in omaggio sull’altare – anche io, che in chiesa non entro spesso, ho voluto ricordarli. Spero che un giorno qualcuno farà lo stesso anche per me”.