Genova. “È un brutto periodo, non so come andrà a finire”. Gino Petrucco è il presidente dell’Associazione Panificatori di Genova e provincia e non nasconde la preoccupazione per l’immediato futuro. Perché la guerra in Ucraina che tiene il mondo col fiato sospeso avrà effetti pesanti anche sul banco dei fornai, ma non sarà l’unico contraccolpo. Quello più pesante era già arrivato negli scorsi mesi con l’ondata di rincari su energia e materie prime. E adesso che le importazioni di grano dall’Ucraina e dalla Russia, rispettivamente il primo e il quarto esportatore mondiale, sono sostanzialmente bloccate a causa del conflitto, “la situazione può solo peggiorare”.
“Ci preoccupa la nuova escalation – spiega Petrucco che gestisce un panificio a Certosa -. Una volta il prezzo della farina era il minore dei problemi. Quella di grano duro è raddoppiata: un chilo costava 40-50 centesimi, ora siamo almeno a un euro. Le altre sono aumentate del 30-40% e questo ovviamente riduce il nostro margine”. Questi rincari, però, non c’entrano nulla con la situazione geopolitica: “Finora a incidere sono stati i costi dell’energia, teniamo conto che un mulino ne consuma tantissima. È da un paio di mesi che osserviamo questa situazione e adesso temiamo che possa degenerare”.
Secondo un’analisi di Coldiretti l’Italia importa il 64% del proprio fabbisogno di grano tenero per la produzione di pane e prodotti da forno: nel 2021 ne ha importato oltre 120mila tonnellate dall’Ucraina e 100mila dalla Russia, complessivamente quasi il 10% del totale. Anche il grano duro (usato soprattutto per la pasta) ha una notevole quota d’importazione, il 44%. Il primo report stilato dai Consorzi agrari d’Italia in base ai dati del Matif di Parigi stima un aumento dei prezzi a livello mondiale pari al 13% per il grano tenero e al 29% per il mais: il primo è passato da 274 euro a tonnellata agli attuali 310 euro, il secondo da 247 a 230 euro.
Tutto questo si tradurrà inevitabilmente in un aumento dei prezzi al consumo, non ancora quantificabile ma prevedibile in base ai rincari delle materie prime. Secondo i Consorzi agrari, comunque, il costo del grano tenero incide per il 10% sul prezzo del pane, che risente piuttosto di altri fattori. “Abbiamo già dovuto rialzare alcuni prodotti del 20% – sospira Petrucco -. L’aumento dell’energia ha tagliato le gambe a tutti noi, anche perché la maggior parte dei forni ormai sono elettrici. Conosco colleghi che pagavano bollette di 3.500 euro e sono arrivati a 8mila. Non fa mai piacere aumentare i prezzi perché sappiamo bene che in questo modo i clienti si orienteranno sempre più verso la grande distribuzione che ha costi molto minori dei nostri”.
Effetti di una crisi che va a sommarsi a situazioni altrettanto problematiche: “Due anni fa in questa zona abbiamo subito il crollo del ponte Morandi, poi è arrivato il Covid – conclude il presidente dei panificatori genovesi -. Nel frattempo noi fornai stiamo sparendo perché non si trova più manodopera specializzata, pochi giovani vogliono fare questo lavoro, c’è poca voglia di sacrificarsi. Finita questa generazione sarà molto difficile andare avanti. Ma cerchiamo di non piangerci addosso”.