In memoria

Giorno del ricordo, seduta solenne del consiglio regionale in videoconferenza

L'orazione è stata affidata allo storico Stefano Monti Bragadin

Seduta solenne videoconferenza consiglio regionale

Liguria. Questa mattina si è svolta in videoconferenza la seduta solenne del consiglio regionale dedicata al Giorno del Ricordo in memoria delle decine di migliaia di italiani, che da secoli vivevano in Istria, Fiume e Dalmazia e che furono uccisi o costretti all’esodo alla fine della seconda guerra mondiale.

Il presidente del consiglio regionale Gianmarco Medusei ha aperto la seduta portando i saluti di tutta l’assemblea legislativa e ha invitato i colleghi consiglieri a osservare un minuto di silenzio in ricordo delle vittime.

È seguita la ricostruzione dello storico Stefano Monti Bragadin.

Il presidente Gian Marco Medusei ha aperto la seduta: “Questa solennità è dedicata al ricordo della lunga serie di eccidi, che alimentarono il doloroso esodo di Fiumani, Istriani e Dàlmati da quelle terre, non più italiane, che mai avrebbero pensato di dover lasciare, ma che abbandonarono diretti verso una madrepatria, stremata dalla guerra appena conclusa, o verso destinazioni più lontane, ignote. C’è una parola – ha aggiunto – che racchiude tutto l’orrore vissuto da queste popolazioni: “foibe”, le profonde cavità naturali frequenti nelle terre carsiche che furono teatro di esecuzioni sommarie, in buona parte ai danni di civili inermi». Il presidente ha sottolineato: «Al centro delle tensioni internazionali, che avrebbero caratterizzato il secondo Dopo Guerra, centinaia di migliaia di italiani della Venezia Giulia, stretti tra il terrore delle foibe e la speranza di un futuro migliore, si risolsero a partire e, se partire fu straziante, anche inserirsi nelle nuove realtà non fu privo di  sofferenze e tanti conobbero nella madrepatria, il rifiuto, la diffidenza, l’incomprensione, se non  l’aperta ostilità”. Il presidente ha precisato: “Da molti anni si fa giustamente memoria di questi avvenimenti e domani, 10 febbraio  2022, saranno trascorsi 75 anni dalla firma dei trattati di pace, sottoscritti a Parigi, in forza dei quali  il confine orientale veniva ridisegnato dolorosamente: Istria, Fiume, Dalmazia, Carnaro,  di antica e profonda cultura italiana e da secoli area di influenza veneta, passarono, senza soluzione di continuità, dalla dittatura nazifascista a quella  comunista e ne pagarono il prezzo”.

“Oggi − ha concluso il presidente − commemoriamo le vittime di quelle violenze e riconosciamo le tribolazioni e le fatiche degli esuli che in Liguria hanno messo radici, consapevoli che il Ricordo è anche indagine storica e conoscenza dei fatti, che diventa consapevolezza a condanna di ogni violazione dei diritti dei popoli, monito, e al tempo stesso auspicio, per l’avvenire”.

Monti Bragadin ha esordito sottolineando il tempo intercorso fra la persecuzione degli italiani, avvenuta fra il 1945 e il 1948, e il riconoscimento ottenuto solo nel 2004 attraverso l’istituzione del Giorno del Ricordo: “C’è un lungo periodo di silenzio, una specie di dimenticatoio, un tentativo di non affrontare quella penosa tematica in quanto non c’era una identità di valutazione e solo tanti anni dopo si è superato questo stato d’animo”. Lo storico ha poi ricostruito, prima con il presidente della Repubblica Giovanni Leone e poi con il presidente del consiglio Giovanni Spadolini, i primi passi verso il riconoscimento di quella tragedia sottolineando la diversità di trattamento, avvenuta nel dopo guerra, della minoranza tedesca in Alto Adige e della minoranza italiana in Jugoslavia. “In Alto Adige il sistema di tutela delle minoranze era fra i più avanzati in Europa invece nell’area che ci interessa avveniva li contrario, anzi per un verso si cercava di espellere gli italiani per raggiungere una ricomposizione etnica interna e per eliminare  dissidenti, reali o presunti”. Monti Bragadin, ripercorrendo la tormentata storia di secoli dell’area, ha ricordato il processo di germanizzazione avviato dall’impero austroungarico, dopo il crollo della Repubblica di Venezia e il processo di italianizzazione dopo la Prima Guerra Mondiale fino all’occupazione tedesca durante la Seconda Guerra mondiale: “Le vicende  portarono ad una supremazia tedesca in tutta l’area e a metodi germanici per il controllo del territorio  rispetto ai quali gli italiani della Repubblica sociale avevano una posizione di secondo piano a livello militare,  ma finirono per mescolarsi ai tedeschi nella dura repressione della Resistenza  slava”. Monti Bragadin ha poi ricordato la spietata persecuzione attuata dal Tito alla fine del conflitto: “Molti italiani furono buttati nelle “foibe” ancora vivi” e il doloroso esodo di centinaia di migliaia di persone “che non vollero rinunciare alla propria identità di italiani, ma andarono incontro a ogni opposizione, attacchi e intimidazioni  pesantissime” in quanto accusati di essere fascisti.  «Molti profughi poi espatriarono dall’Italia: la madre  patria fu in parte ingrata verso di loro o comunque tardiva nel prevedere per loro i risarcimenti dovuti e nel rendergli omaggio nella Giornata del Ricordo,  per non dimenticare – ha concluso – le loro traversie e vicissitudini al limite di ogni tollerabilità”.

Per favore, disabilita AdBlock per continuare a leggere.

Genova24 è un quotidiano online gratuito che non riceve finanziamenti pubblici: l’unica fonte di sostegno del nostro lavoro è rappresentata dalle inserzioni pubblicitarie, che ci permettono di esistere e di coprire i costi di gestione e del personale.
Per visualizzare i nostri contenuti, scritti e prodotti da giornalisti a tempo pieno, non chiediamo e non chiederemo mai un pagamento: in cambio, però, vi preghiamo di accettare la presenza dei banner, per consentire a Genova24 di restare un giornale gratuito.