Il racconto

Positivo al Covid e in coma per 9 giorni tra la vita e la morte, i medici lo hanno salvato: la storia di Angelo Fresia

Titolare della piadineria “Il Grifone” a Ceriale ed ex giornalista de “La Stampa”, è stato ricoverato per oltre 15 giorni

Angelo Fresia

Ceriale. Sono stati 15 giorni di ricovero lunghi e in chiaro-scuro, a tratti infiniti. In mezzo, 9 di questi passati in coma farmacologico, nel buio più totale. I polmoni hanno smesso di funzionare del tutto da soli, seguiti da fegato e pancreas: una situazione disperata.

Ma a riaccendere la luce sono stati personale medico e infermieristico dell’ospedale di Albenga che lo hanno curato, assistito e confortato permettendogli di tornare dalla moglie Sara e dai loro due bambini. 

È questa, in sintesi, la storia di Angelo Fresia, 38 anni, titolare della piadineria “Il Grifone” a Ceriale ed ex giornalista del quotidiano “La Stampa” di Torino. Una vera e propria Odissea la sua, dai contorni di un girone infernale dantesco, ma come Ulisse e Dante, alla fine ne è uscito. 

“Sono ancora tra voi, che vi piaccia o meno, grazie al personale della Rianimazione Covid dell’ospedale di Albenga, – ha spiegato Angelo ai microfoni di IVG.it. – Medici, infermiere e infermieri, operatrici e operatori socio sanitari mi hanno tenuto incollato alla vita nei 9 giorni in cui ho forzatamente dormito, respirando solo con l’aiuto delle macchine”. 

“E poi hanno continuato nei 4 giorni successivi. Mi hanno riconsegnato alla normalità dopo avermi accudito come un figlio, un nipote, un fratello, un anziano nonno, aver sopportato i miei deliri, avermi tenuto la mano, fatto ascoltare musica, avermi pulito, lavato e tutto quanto una persona immobilizzata non riesce a fare”, ha proseguito. 

E Angelo è rimasto immobilizzato in un letto di ospedale per 12 giorni. Tutto è iniziato la mattina della vigilia di Natale, il 24 dicembre: i primi sintomi seguiti da un tampone in farmacia, effettuato poi il 29 dicembre ma dall’esito negativo (probabilmente un falso negativo). 

Eppure i sintomi erano evidenti, lo stato di salute non certo ottimale e, anzi, in costante peggioramento. Evidenti difficoltà a respirare, scalini da salire diventati muraglie, sforzi fisici basici trasformati in imprese. 

È qui che è entrata in gioco Sara, moglie e compagna di una vita, divenuta autentica ancora di salvezza, non solo per amore e in senso figurato ma prepotentemente concreto. 

“Purtroppo il 30 dicembre la mia situazione si è aggravata e al mattino ci siamo recati a Toirano per fare una lastra toracica, dalla quale è emersa la presenza di una polmonite bilaterale in stato avanzatissimo, – ha raccontato ancora Angelo.  – Il Covid si era già diffuso impedendomi persino di ragionare lucidamente. Devo dire grazie a Sara che quel pomeriggio mi ha praticamente costretto al ricovero in ospedale”. 

Un miracolo perché è la notte stessa che la situazione si è aggravata a tal punto da diventare oltremodo critica: “Prima sono stato all’ospedale Santa Corona di Pietra Ligure, dove il tampone molecolare ha dato un esito ormai già scontato: positivo al Covid. A quel punto, sono stato trasferito all’ospedale Santa Maria di Albenga. La fortuna è stata proprio quella di essere nel nosocomio ingauno quando anche fegato e pancreas, oltre ai polmoni, si sono arresi. Sono finito in coma farmacologico per 9 lunghissimi giorni”. 

A questo punto sono subentrati medici e infermieri di Albenga, prima della rianimazione poi del reparto di degenza Covid, che gli hanno salvato la vita. 

Supereroi, semidei, santi scesi in Terra se avete una visione più religiosa: chiamateli un po’ come volete, ma credo di avere reso il senso del mio pensiero. Tra poco si aprono le elezioni per il Presidente della Repubblica: se pescassimo a caso tra un lavoratore di quel reparto, l’Italia sarebbe sicuramente in mani migliori di tutte quelle ipotizzate finora. Il mio ringraziamento va anche alla radiologa del centro Cura di Toirano che, dopo essersi resa conto della gravità della situazione, ha velocizzato al massimo il rilascio del referto, e al personale del reparto di degenza Covid dell’ospedale di Albenga, dove sono stato ricoverato gli ultimi 4 giorni prima delle dimissioni. La mia riconoscenza è tutta per loro e per chi è stato vicino alla mia famiglia quando io non ho potuto”, ha affermato il 38enne.

La fase critica del ricovero di Angelo è durata fino al 4 gennaio, poi si è stabilizzata fino ad arrivare a cavallo tra l’8 e il 9 con il risveglio e il passaggio al casco e un ricordo indelebile: “Quando ho aperto gli occhi, in turno c’erano due medici, uno genoano e uno sampdoriano. Li ho sentiti parlare di calcio e mi sono intromesso nel discorso”. 

Fresia, va specificato, non era vaccinato così come, parola sua, “tutte le persone che erano ricoverate con me”. Questo non ha cambiato la sua visione generale improntata “sulla libera scelta in campo vaccinale”, ma, nel suo caso specifico, gli ha “impartito una grande e dura lezione”. 

Ero e resto per la libertà vaccinale: un diritto che a mio avviso andrebbe garantito a tutti. Ma, parlando della mia esperienza personale, posso dire di aver fatto un grave errore di valutazione. Ho pensato, avendo 38 anni, di non aver bisogno del vaccino: uno sbaglio gravissimo. Appena ne avrò la possibilità andrò subito a fare la prima dose”, ha concluso. 

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