Genova. Dopo il contagio riscontrato tra gli ungulati, arriva l’epidemia della paura. Dopo il rincorrersi di notizie e ipotesi, ecco i primi provvedimenti economici internazionali: Svizzera, Kuwait, Cina, Giappone e Taiwan hanno attivato misure precauzionali alle frontiere, imponendo un temporaneo stop all’import di carni e salumi made in Italy. La notizia, rilanciata dall’Ansa, arriva da Confagricoltura: in ballo ci sarebbero esportazioni per un valore di 1,7 miliari di euro, e tutta una filiera realmente a rischio.
Nel frattempo è salito il numero dei comuni compresi nella zona rossa dell’infezione: sono in totale 114, 78 in Piemonte e 36 in Liguria. “Un problema di ordine sanitario rischia di provocare un danno irreparabile per il tessuto produttivo ed economico legato alla filiera suinicola, in particolare per la produzione di prosciutti Dop e Igp, da Parma a Norcia”, è il grido d’allarme della Cia, la confederazione degli agricoltori italiani.
Malgrado non ci sia, al momento alcun caso di contaminazione della popolazione suina d’allevamento attestato, la stessa Cia chiede alle istituzioni di mantenere alto il livello di allerta e si rammarica della “scellerata gestione del problema della fauna selvatica da parte dei nostri decisori politici, all’origine di questo grave allarme sanitario con 2 milioni di ungulati in circolazione, oltre 200 milioni di danni all’agricoltura e 469 incidenti, anche mortali, in quattro anni”.
Nel frattempo, su indicazione del Ministero della Sanità, la regione Emilia-Romagna è al momento fuori dalla zona infetta ma ieri una ordinanza del presidente Stefano Bonaccini ha già imposto lo stop di alcune forme di caccia al cinghiale nelle province di Parma e Piacenza, considerate quelle più a rischio in Emilia-Romagna per la vicinanza con Piemonte e Liguria, dove si sono verificati i primi casi di Psa.