Stangata

Peste suina, in Liguria 400 maiali da macellare in anticipo: “Dovremo buttare via la carne”

In arrivo il provvedimento nell'ordinanza che Toti firmerà mercoledì. Lo sfogo di un'azienda agricola dell'entroterra: "Siamo demoralizzati e stanchi"

maiali

Genova. Sarebbero circa 400 i capi di bestiame d’allevamento da macellare in anticipo per ridurre il rischio di diffusione della peste suina che ha colpito la zona tra Liguria e Piemonte. La misura è prevista dalla bozza dell’ordinanza che la Regione pubblicherà domani (mercoledì 19 gennaio) a integrazione delle rigide disposizioni del Governo che di fatto mettono in lockdown per sei mesi i boschi dell’entroterra genovese.

Uno dei punti del provvedimento che firmerà a breve il presidente Giovanni Toti dovrebbe essere la macellazione obbligatoria per tutti gli allevamenti commerciali compresi nella “zona rossa”. Oggi il governatore ne ha parlato in un’informativa al Consiglio regionale: “La carne suina ovviamente non è un mercato dominante in Liguria, come è noto non vi sono allevamenti intensivi”. Ma i pochi allevamenti presenti dovranno essere “abbattuti e indennizzati”, ha spiegato Toti.

Si tratterebbe di 300-400 maiali la cui carne potrebbe essere venduta solo all’interno della zona infetta: un’ulteriore restrizione che metterebbe in ginocchio le (poche) aziende agricole dell’entroterra, per le quali l’unica speranza di sopravvivere sarebbe rappresentata da sostanziosi ristori. “Gli animali sarebbero stati comunque destinati alla macellazione – osserva Roberto Moschi, direttore del dipartimento di veterinaria di Alisa – e per fortuna l’inverno è il periodo giusto per farlo”.

È una presa in giro – tuona però Paola Righeschi, titolare dell’azienda agricola Tresgal di Campo Ligure che allevava 60 maiali allo stato brado -. I nostri animali sono sempre stati abituati a girare liberi nel bosco, ora ci è stato ordinato di chiuderli in una parte di stalla adibita ai polli che fortunatamente era vuota. Se avessero evitato che i cinghiali mangiassero la spazzatura, se lo Stato avesse contenuto i propri animali, oggi non saremmo in questa situazione e potremmo vendere carne di grande qualità”.

Dal punto di vista degli allevatori, l’eventuale macellazione anticipata sarebbe un grave danno: “È da due settimane che le macellazioni sono bloccate – continua Righeschi -. Non si riesce a trovare un macello perché quelli che potrebbero farlo sono fuori dalla zona rossa e in Liguria quelli che c’erano sono stati dichiarati non a norma. Mi hanno prospettato addirittura di macellare i maiali dove macelliamo i polli, ma c’è un’enorme differenza. E poi, chi ce li comprerebbe? Di solito vendiamo due maiali alla settimana, anche venderne 20 tutti insieme sarebbe impossibile: dopo la macellazione la carne va venduta entro dieci giorni perché non si può frollare. E se ne facessimo solo salami, poi chi acquista il salame a giugno? Così la maggior parte sarebbe da buttare via. Siamo demoralizzati e stanchi, tutti ci danno regole ma nessuno ci aiuta”. Quanto servirebbe per indennizzare le perdite? “Ogni maiale rende in media mille euro, ma con un allevamento allo stato brado è impossibile quantificare i danni”.

Per ora in Liguria sono sempre 3 i casi accertati su altrettante carcasse di cinghiali analizzate, due a Ronco Scrivia e una a Isola del Cantone. Un falso allarme era scattato sulle alture di Sestri Ponente per il ritrovamento di un maiale morto in un piccolo allevamento domestico: per fortuna non si trattava di peste suina. Nelle prossime settimane proseguirà il monitoraggio nei boschi, poi, in base ai risultati, la Regione formulerà al ministero della Salute e a quello delle Politiche agricole una proposta per rimodulare l’ordinanza ed eventualmente circoscrivere (oppure ampliare) la zona di applicazione delle restrizioni. Nel frattempo è allo studio il piano di abbattimenti selettivi che riguarderà una parte della popolazione di cinghiali della “zona rossa” stimata tra i 16 e i 20mila esemplari.

In corso anche i confronti tra l’assessore ligure all’Agricoltura Alessandro Piana e il piemontese Marco Protopapa per definire una strategia condivisa di supporto alle imprese del settore che operano nei territori da monitorare, evitando sperequazioni tra areali vicini. “Ho richiesto l’inserimento dell’ordine del giorno sulla peste suina africana nella commissione Politiche agricole di domani, mercoledì 19 gennaio, d’intesa con il coordinatore Federico Caner per attivare a livello nazionale adeguati ristori – comunica Piana -. Una delle prime richieste che le Regioni interessate rivolgeranno al Governo riguarderà la sospensione delle cartelle esattoriali e il posticipo del versamento dei contributi previdenziali da parte delle imprese soggette alle restrizioni. Siamo in costante contatto con le associazioni di categoria per definire le linee prioritarie e, nel frattempo stiamo lavorando tramite gli Uffici sui possibili assi da accendere a livello regionale tramite il Programma di sviluppo rurale, ad esempio indennità per l’acquisto di foraggi e mangimi per chi si vedrà limitare l’accesso ai pascoli. Abbiamo bisogno di dare delle risposte concrete quanto prima ad un settore già messo a dura prova dal Covid-19, che si stava da pochi mesi risollevando”.

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