Genova. Le aspettative tradite di chi si è vaccinato e sperava di poter tornare a una vita normale, la quotidianità stravolta di molti che spesso si autorecludono per timore dei contagi o per proteggere i più fragili e la sofferenza soprattutto degli adolescenti che stanno crescendo in un mondo che non è quello verso cui si stavano affacciando due anni fa.
Al secondo giro di boa dall’inizio della epidemia da coronavirus sono questi i tratti che delineano l’onda lunga di quella che si potrebbe definire la pandemia della mente.
“In questo periodo – racconta Davide Prestia, medico psichiatra presso la clinica psichiatrica dell’ospedale San Martino- a differenza della prima ondata non si manifestano tanto situazioni acute, piuttosto quello che notiamo è un crescere delle richieste per visite ambulatoriali e accessi ai centri di salute mentale con i sintomi tipici di ansia e depressione”. Una crescita che va di pari passo con l’emergenza pandemica: “Quello che rileviamo anzitutto è una sorta di frustrazione delle persone rispetto al vaccino. Ovviamente il vaccino è sacrosanto, va fatto e salva le vite, ma è vero che le persone avevano capito che con il vaccino saremmo tornati alla nostra vita di prima, invece così non è stato queste continue limitazioni o autolimitazioni nei rapporti sociali stanno creando molto disagio”.
Particolarmente delicata per molti la gestione della situazione famigliare tra dad e quarantene: “Da noi arrivano persone che magari già erano inclini a ansia o depressione che ci raccontano di non riuscire a gestire le cose, perché magari hanno i figli in dad o in quarantena, poi c’è il lavoro e questo crea molta ansia”.
Ma quelli che stanno accusando di più sono soprattutto gli adolescenti: “Loro sono quelli che più di tutti hanno bisogno di contatto sociale, di poter tornare a quella che era la normalità e invece si ritrovano ancora a dover stare in casa. Si attaccano ai social per mantenere i contatti, presentano disturbi d’ansia, depressione e spesso un’inversione del ciclo sonno veglia visto che stanno attaccati tutta la notte a pc e telefoni”.
Oltre al presente, quello che preoccupa è il futuro di questi adolescenti: “Non per fare allarmismi, ma quella che sta crescendo è una generazione di adolescenti che rischia di portare i segni di questa pandemia per il resto della vita. Gli studi dicono che chi soffre di disturbi d’ansia in adolescenza è più facile che li porti con sé nella vita adulta. Per questo per esempio il famoso bonus psicologico sarebbe stato importante soprattutto per i giovani ed è per questo che serve molta prevenzione a partire dalle scuole”.
Tra gli altri consigli, seppur non tutti dipendenti dai ragazzi e dalle loro famiglie “quello di cercare di mantenere più possibile, se pur con le precauzioni necessaria, i rapporti sociali e non alterare il ritmo sonno veglia. Ovviamente in questo contesto è fondamentale lo sport e sarebbe importante che le scuole restassero il più possibile in presenza”.
Ovviamente non solo gli adolescenti soffrono di questo ‘long covid della mente’ ma anche gli anziani “che per tutelarsi spesso si sono ritrovati di nuovo chiusi in casa, spesso soli, mentre prima avevano le loro amicizie, i loro gruppi di riferimento, i circoli” ma anche gli adulti. “Spesso tendiamo ad autorecluderci, forse anche oltre il necessario, per non parlare di chi da questi due anni ha subito anche un impoverimento dovuto magari alla perdita del lavoro”.
Ma tra giovani e adulti resta una differenza profonda: “Noi adulti, a differenza degli adolescenti in questi due anni abbiamo avuto magari delle basi sicure come la nostra famiglia, un lavoro, una rete di amicizie che magari abbiamo frequentato meno ma restano basi solide dove approdare, e abbiamo una personalità più strutturata mentre la personalità degli adolescenti è proprio ora che si va formando ed è per questo che l’onda lunga della pandemia rischia di colpire soprattutto quelli che saranno gli adulti di domani”.