Il punto

Dal 24 gennaio si elegge il presidente della Repubblica: come funziona e che ruolo avrà la Liguria

Politicamente parlando il più influente sarà il governatore Giovanni Toti, ma in Liguria la partita è tutta interna all'opposizione

mattarella toti

Roma. Inizierà il 24 gennaio a Roma, con le Camere in seduta comune, la partita per l’elezione del nuovo presidente della Repubblica al termine del mandato di Sergio Mattarella. Un passaggio che segnerà probabilmente il più importante spartiacque politico del 2022: in ballo non c’è solo la scelta della più alta carica dello Stato, ma anche il futuro stesso del governo Draghi, sia per l’ipotesi (non così concreta) che sia proprio lui a salire al Quirinale sia perché la maggioranza potrebbe uscirne tutt’altro che compatta. Anche la nostra regione sarà in qualche modo coinvolta da vicino.

La materia è disciplinata dagli articoli 83, 84 e 85 della Costituzione. A eleggere il nuovo presidente saranno 1.009 grandi elettori: 321 senatori (compresi quelli a vita), 630 deputati e 58 delegati regionali: tutte le Regioni ne sceglieranno tre (secondo la prassi, due espressione della maggioranza e uno della minoranza) tranne la Valle d’Aosta che ne ha uno solo. Per essere eletti è necessario aver compiuto almeno 50 anni e godere dei diritti civili e politici.

Difficile che si arrivi subito all’elezione. Per le prime tre votazioni è prevista una maggioranza qualificata pari ai due terzi dei componenti dell’assemblea (cioè 673 voti), dal quarto scrutinio in poi basta la maggioranza assoluta (505 voti). Il voto è sempre segreto. Da quel momento in poi si va avanti a oltranza finché non si arriva a proclamare il nuovo capo dello Stato. L’elezioni più difficile fu quella di Giovanni Leone nel 1971 col solo 51,4% dei consensi e ben 23 scrutini per quasi un mese di lavori parlamentari.

Anche la Liguria avrà un ruolo nella partita. Politicamente parlando il più influente sarà il governatore Giovanni Toti, non tanto da “grande elettore” (scontata la sua designazione da parte del Consiglio regionale) quanto da “manovratore” di una manciata di voti nell’area centrista che potrebbe diventare l’ago della bilancia e quindi determinante dal quarto scrutinio in poi. Il presidente ligure e cofondatore di Coraggio Italia ha detto più volte che offrirebbe le sue pedine al centrodestra per l’elezione di Silvio Berlusconi, a patto di non “bruciarlo” con un consenso troppo risicato com’era successo a Romano Prodi. D’altra parte è avviato da tempo il dialogo con Matteo Renzi per una strategia comune sul Colle che potrebbe scombussolare i piani di Salvini e compagnia. La principale alternativa risponde al nome di Mario Draghi, ma a quel punto bisognerebbe “mettere al sicuro” palazzo Chigi.

A prescindere dagli intrighi romani del governatore, in Liguria la partita in realtà è tutta interna alla minoranza. Il Consiglio regionale si riunirà martedì 11 gennaio e all’ordine del giorno ci sarà proprio l’elezione dei tre delegati: i primi due saranno certamente Giovanni Toti e il presidente del Consiglio regionale, il leghista Gianmarco Medusei. La tradizione vorrebbe che per l’opposizione venisse scelto il vicepresidente dell’assemblea, in questo caso il consigliere Pd Armando Sanna. Che però spiega: “Dobbiamo ancora parlarne. Ci riuniremo in questi giorni, non è una regola scritta che vada il vicepresidente”. Voci di corridoio dicono che non sarebbe gradito alla corrente orlandiana del partito. Due le possibili alternative: il democratico Luca Garibaldi, in qualità di capogruppo della componente più numerosa della minoranza, oppure Ferruccio Sansa, ex candidato giallorosso contro Toti e quindi idealmente “capo” dell’opposizione.

Oltre a Silvio Berlusconi e Mario Draghi, figure che di sicuro metterebbero d’accordo almeno una maggioranza relativa, nel toto-Quirinale ci sono molti altri nomi: Pierferdinando Casini, ex leader dell’Udc e quindi “trasversale” per definizione; l’ex premier Paolo Gentiloni, moderato di centrosinistra e attuale commissario europeo per gli affari economici; l’attuale ministra della Giustizia Marta Cartabia, ex presidente della Corte costituzionale. A proposito: sarebbe la prima volta di una donna al Quirinale. In questo senso un gruppo di professioniste del mondo della cultura (da Dacia Maraini a Michela Murgia a Luciana Littizzetto, fino a Sabina Guzzanti e Fiorella Mannoia) ha firmato un appello, pur senza indicare nomi: “È arrivato il tempo di fare questa scelta”. E visto il carattere prettamente istituzionale e scarsamente politico della ministra Cartabia, questa potrebbe essere ben più di una suggestione.

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