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Covid, in Italia tutto iniziò due anni fa: il 31 gennaio 2020 i primi due casi positivi

Erano i giorni in cui il Paese iniziava a conoscere da vicino l'incubo chiamato Coronavirus proclamando lo stato d'emergenza

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Liguria. Era il 31 gennaio 2020, l’Italia era solo in lieve allerta. Il Covid-19 che in Cina stava già mietendo vittime ancora non era arrivato nel nostro Paese, o almeno così si pensava fino a quel momento. In poche ore, infatti, due notizie shock: prima l’identificazione dei primi due casi positivi a Roma, poi la dichiarazione dello stato di emergenza.

Da quel 31 gennaio sono trascorsi 730 giorni. Due lunghi e travagliati anni che hanno cambiato la nostra vita. E se allora ancora non eravamo consapevoli di quello che sarebbe successo, ora tutti speriamo in un ritorno ad una vera normalità, fatta da visi senza mascherine, libero accesso ad ogni servizio senza bisogno di green pass e soprattutto ospedali che tornano a svolgere la loro regolare attività, senza reparti e terapie intensive occupate da pazienti Covid.

Quel giorno erano solo due i positivi rilevati in Italia. Oggi sono circa 2,6 milioni. E oltre 374 milioni nel mondo. Non il dato più alto mai registrato, ma sicuramente se avessimo conosciuto questi numeri quel lontano 31 gennaio 2020, la nostra reazione sarebbe stata diversa.

Invece, due anni fa, furono queste le parole che ci portarono a vivere uno di quei periodi storici che mai ci saremmo aspettati di affrontare.  “Considerata l’attuale situazione di diffusa crisi internazionale determinata dalla insorgenza di rischi per la pubblica e privata incolumità connessi ad agenti virali trasmissibili, che stanno interessando anche l’Italia”, è necessario assumere in modo immediato “iniziative di carattere straordinario ed urgente, per fronteggiare adeguatamente possibili situazioni di pregiudizio per la collettività presente sul territorio nazionale”. Per questo, “è dichiarato, per 6 mesi dalla data del presente provvedimento, lo stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili”. Così citava la delibera del Consiglio dei ministri pubblicata in Gazzetta ufficiale esattamente il 31 gennaio 2020.

E proprio quel giorno, come detto, vennero identificati i primi due casi positivi, ovvero una coppia di turisti cinesi in vacanza a Roma e ricoverata all’ospedale Spallanzani. Subito arrivò il provvedimento del ministro Roberto Speranza che chiuse il traffico aereo da e per la Cina, fummo la prima nazione dell’Unione Europea a farlo. Una misura precauzionale che era ignara della vera minaccia con cui avremmo dovuto combattere. Ormai da mesi, infatti, il virus stava circolando nel nostro pianeta, Italia compresa, ma questo lo scoprimmo solo con il tempo.

A dimostrare quanto ancora non sapessimo nulla del Coronavirus le parole dell’allora premier Giuseppe Conte che il 31 gennaio 2020 disse:  “Non c’è nessun motivo di creare panico e allarme sociale. Posso assicurarvi che in questo momento siamo in Italia nella linea di massimo rigore in funzione preventiva. Siamo nella condizione di poter tranquillizzare tutti i cittadini, la situazione è assolutamente sotto controllo. Ma non significa che ci stiamo appagando nelle prime misure”.

Da quel momento infatti seguirono altri provvedimenti, vennero stanziate le prime risorse e istituite le prime zone rosse. E a distanza di poco più di due settimane, il 17 febbraio, venne individuato in Italia il paziente 1, il primo positivo al Covid-19 non collegato a Wuhan. Si tratta di un 38enne residente a Castiglione d’Adda, in provincia di Lodi, che si era presentato all’ospedale di Codogno accusando sintomi influenzali.

Passate poche settimane, un’altra data storica che tutti ricorderemo: il 9 marzo 2020 il premier Giuseppe Conte annuncia la firma di un decreto che avrebbe segnato la storia della nostra nazione. Dal mattino dopo, infatti, l’Italia intera sarebbe stata in lockdown a causa della pandemia di Covid-19. Il resto è storia.

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