Il maiale, a parte qualche eccezione (Val d’Aveto in particolare), non è un animale tipico della Liguria del gusto. Diverso, invece, il cinghiale, animale sacro ai Celti, liguri dopo i ligustici, cacciato e cucinato da millenni. E proprio dagli antichi cacciatori (ma anche dalle contaminazioni con Lombardia ed Emilia Romagna) che in Val Bormida nascono e si diffondono le “frizze”, in alcune zone chiamate “grive”, frattaglie a base di fegato di maiale con aggiunta di bacche di ginepro, aglio, rosmarino.
Si trita fegato di maiale, salsiccia e si aggiungono le bacche di ginepro. Si insacca il tutto nel budello del maiale e si amalgama a palline da 50 grammi ciascuna. Possono essere scaldate a bagnomaria, cotte sulla piastra o fritte. Nella tradizione locale, la carne non compariva frequentemente sulle tavole ed era comunque sempre protagonista di momenti particolari come il matrimonio o la nascita di figli, presente in ricorrenze come il Natale o la Pasqua, la mietitura o il giorno del santo patrono.
Ma la vera festa è sempre stata, per tradizione, condizionata dall’uccisione del maiale: la famiglia intera si riuniva, per dare una mano nella confezione delle carni. La necessità di consumare nel breve periodo le frattaglie facilmente deperibili ha stimolato la fantasia rurale. Questo è il caso delle frizze o grive, frattaglie speziate racchiuse nell’omento dove al prezioso pepe si sostituiscono le bacche di ginepro, succedaneo contadino di un prodotto all’epoca troppo caro, che lo ricorda almeno nella forma.
La contaminazione emiliana arriva dal “fegato con la retina”, ancora oggi proposto dalle trattorie romagnola con la piada, ma anche, soprattutto, con la “domenica dei cacciatori”, quando le squadre di cacciatori liguri si ritrovano dopo le battute per mangiare assieme fegato e frattaglie del cinghiale (porcastri in questi ultimi decenni) appena abbattuto. Con cosa si abbina? Certamente ad un grande rosso, direi una Granaccia Igp, ma non stona evidentemente un Ormeasco, Superiore se le frizze sono cucinate alla piastra.
“Liguria del gusto e quant’altro” è il titolo di questa rubrica curata da noi, Elisa e Stefano, per raccontare i gusti, i sapori, le ricette e i protagonisti della storia enogastronomica della Liguria. Una rubrica come ce ne sono tante, si potrà obiettare. Vero, ma diversa perché cercheremo di proporre non solo personaggi, locali e ricette di moda ma anche le particolarità, le curiosità, quello che, insomma, nutre non solo il corpo ma anche la mente con frammenti di passato, di cultura materiale, di sapori che si tramandano da generazioni. Pillole di gusto per palati ligustici, ogni lunedì e venerdì: clicca qui per leggere tutti gli articoli.