Niente da dire, i Panigacci sono una evoluzione delle pite, greche e latine, gli impasti di acqua e farina che venivano cotti sulla fiamma, sui testi, senza lievito, una sorta di pane azzimo che serviva alle civiltà agropastorali per sfamarsi durante le transumanze. Quello di cui parliamo oggi è una pita che nasce sul fiume Magra, a Podenzana, provincia di Massa Carrara, Toscana, ma al confine con la Liguria, diventato piatto ligure perché diffuso in gran parte dello spezzino.
I Panigacci sono una delle mille versioni della mistura di acqua e farine che troviamo nell’area mediterranea, la differenza la fanno i testi per cuocerli, testi che in qualche modo sanno di storia e di territorio. Costruiti con le terre della zona dello spezzino, una sorta di arenaria che si sbriciola facilmente, chiamata “sasso morto”, ma è un qualcosa di più, una volta arroventati, uno sopra l’altro, con in mezzo la pastella, imprime all’impasto una cottura veloce che dà un pane croccante ma non troppo, una sorta di crescentina tipica di Appennino piacentino e modenese, che ben si accompagna a salumi, formaggi, ma anche semplicemente, ed è molto più ligure, a olio, pecorino o pesto.
Un tempo questi pani venivano cotti nel “gradile”, una cucina nera, una piccola stanza con finestre e piccole porte, con un fuoco centrale a terra, alimentato dalla combustione del legno di castagno ed un solaio in cui erano messi a seccare le castagne, in pratica un essiccatoio che noi ponentini conosciamo bene in quel di Murialdo e Calizzano. La fornace per creare i testi era nella stessa stanza dove i panigacci venivano cotti.
La vera fatica del passato non era la realizzazione del testo in sé, ma la lunga procedura per la composizione dell’argilla che sarebbe servita a creare i testi. I panigacci, storicamente, venivano preparati utilizzando un particolare cereale, il “Panicum italicum”, da cui sembra abbiano preso il nome. In realtà, esiste un’altra ipotesi secondo la quale il termine panigaccio derivi dal latino “panis”, ovvero “pane” e dal greco “gacio”, ovvero vicino, riferendosi con questi termini ai dischi di pane che vengono compressi e pigiati uno sopra l’altro.
“Liguria del gusto e quant’altro” è il titolo di questa rubrica curata da noi, Elisa e Stefano, per raccontare i gusti, i sapori, le ricette e i protagonisti della storia enogastronomica della Liguria. Una rubrica come ce ne sono tante, si potrà obiettare. Vero, ma diversa perché cercheremo di proporre non solo personaggi, locali e ricette di moda ma anche le particolarità, le curiosità, quello che, insomma, nutre non solo il corpo ma anche la mente con frammenti di passato, di cultura materiale, di sapori che si tramandano da generazioni. Pillole di gusto per palati ligustici, ogni lunedì e venerdì: clicca qui per leggere tutti gli articoli.