Genova. Torna la protesta dei tassisti. Mercoledì 24 novembre anche a Genova tutte le organizzazioni sindacali di categoria, riunite nel Coordinamento sindacale Taxi Genova, aderiscono allo sciopero generale del servizio taxi, proclamato a livello nazionale.
I lavoratori si fermeranno dalle 5 alle 22. La centrale operativa della Cooperativa RadioTaxi Genova garantirà esclusivamente il servizio minimo di trasporto “sociale” per anziani, portatori di handicap e malati.
Al centro della protesta il Ddl Concorrenza e la conseguente deregolamentazione del servizio di trasporto pubblico non di linea.
“Il nostro settore garantisce un servizio pubblico regolamentato, in cui le tariffe sono certe, visibili e amministrate, perché stabilite per legge dal Comune. Scavalcare gli enti locali, togliendo loro la competenza sulle tariffe, vuol dire favorire chi vede nel settore trasporti un business e cedere a fredde logiche di mercato un comparto che offre un servizio pubblico essenziale – spiega Attilio Dondero, portavoce del Coordinamento sindacale taxi Genova – per questo difendere il settore dall’ingresso incontrollato delle multinazionali e chiedere regole chiare e uguali per tutti significa non solo salvaguardare i lavoratori, ma soprattutto tutelare i cittadini e i consumatori, che sono per noi al centro delle priorità”.
Gli operatori del servizio taxi chiedono quindi lo stralcio dell’articolo 8 del Ddl Concorrenza e la ripresa del percorso di riforma della legge sul trasporto pubblico non di linea, avviato da alcuni anni ma rimasto incompiuto dal febbraio 2019. A Genova sono operativi 869 tassisti, 734 dei quali soci della Cooperativa Radio Taxi Genova.
Anche Gexi aderirà allo sciopero nazionale: “Dopo un lungo periodo di concertazione, nel 2019 il Governo ha provveduto a riformare il settore, emanando la legge 12/2019, che di fatto è rimasta congelata, non essendo mai stati applicati i decreti attuativi. Il Governo, dopo un imbarazzante periodo dì silenzio, ha nuovamente inserito tutto il comparto del trasporto pubblico non di linea nel recente Decreto Concorrenza, disattendendo tutto il lavoro degli ultimi anni e rimettendo nuovamente tutto in discussione. Facciamo fatica a recepire i motivi adottati dal Governo, da ricercare nella volontà di innovare tecnologicamente il servizio e creare maggior concorrenza all’interno del settore, adducendo a questo, maggiori benefici per l’utenza.
“Abbiamo investito veramente molto in questi anni, la nostra storia è caratterizzata da questi valori: innovazione e qualità, che rappresentano una visione molto più ampia e che riguarda anche i nostri partner nazionali – proseguono i tassisti di Gexi -. Ci siamo affidati ad eccellenze del nostro settore e sappiamo quanta strada abbiamo percorso insieme, soprattutto proprio nel campo dell’innovazione tecnologica. Abbiamo invece il timore che lo scopo reale del Governo sia permettere l’ingresso nell’ambito del trasporto pubblico, a ben note multinazionali, piegandosi al volere e al potere di chi avrebbe la sola ambizione di deregolamentare il settore, anche a scapito della clientela.
Abbiamo visto in altri paesi la capacità di adeguare tariffe in base alla richiesta e situazioni relative alla sicurezza a bordo, non propriamente adeguati agli standard a cui i nostri clienti sono abituati”.
“Già oggi il nostro mercato è aperto a qualsiasi operatore che ne rispetti le norme, Uber e Freenow comprese, se le multinazionali non riescono ad acquisire la fiducia degli operatori presenti sul mercato, è esclusivamente per il comportamento e le deregolamentazioni che hanno dimostrato ovunque hanno operato: entrare, conquistare, prevaricare e distruggere. Esclusivamente nel nome del fatturato. Nel nostro settore esistono regole certe a tutela sia degli operatori che dagli utenti, che riguardano tariffe, turni, orari, requisiti professionali e garanzie assicurative, chiunque vuole rapportarsi con il nostro settore, può farlo già oggi. Imparino a rispettare le norme e non abbiano l’arroganza di volerle cambiare unicamente per il proprio tornaconto. Della questione fiscale non ne parliamo nemmeno, tutti i grandi gruppi ci hanno insegnato dove, come e quanto gli è permesso pagare le imposte, ovviamente beneficiando di un’evidente disparità che inevitabilmente crea anche una concorrenza sleale e iniqua”, concludono.