Liguria terra di bianchi, certo, ma certo non “vietate” ai grandi rossi, a cominciare dalla granaccia che, per il 16º anno, è stata celebrata a Quiliano, assieme agli altri vini rossi della Liguria, dal rossese di Albenga, al Rossese di Dolceacqua, all’Ormeasco (c’era anche la storica Confraternita).
Teatro di questa esposizione, ancora una volta, il grande parco di San Pietro in Carpignano, vera location del gusto grazie al Slow Food, al Comune di Quiliano, ad Enoteca regionale della Liguria e a Vite in Riviera. Sono stati tre giorni importanti, due dedicati alla scoperta delle vigne della Granaccia, uno, oggi, alla scoperta delle cantine che, ormai in tutta la regione, producono Rossi di grandissima qualità.
Granaccia in primo luogo, ovviamente, e allora come non menzionare quella di Claudio Vio, eroico viticoltore di Vendone, che con le sue bottiglie del 2020, ha proposto un vino che è qualcosa di più di un vino, quasi uno sciroppo per l’anima. Quattrocento bottiglie, poche, pochissime, di grandissimo valore, vendute ad un prezzo veramente da supermercato. Peccato, potrebbero essere messe sul mercato a cifre decisamente superiori.
Poi un nuovo rosso, il Belcherus dei Viticoltori Ingauni, un blend di ormeasco e granaccia, che ha come obiettivo quello di diventare un grande vino rosso da grandi piatti. Diciamo che la strada è quella giusta, la degustazione ha confermato la grande struttura del vino, con profumi e retrogusto di grandissimo valore, a mio avviso, probabilmente, manca ancora qualche mese di invecchiamento, ma la strada è sicuramente quella da seguire. Ancora un vino che non avevo mai assaggiato, la granaccia prodotta a Roccavignale.
Quando, anni or sono, era stata proposta questa idea, avevo qualche dubbio, la granaccia, a 500/600 m di altezza, lontana dal mare, mi sembrava oggettivamente un azzardo. Mi sbagliavo, quella che ho bevuto oggi è un vino, ovviamente diverso dalla granaccia di mare, sia di quella di Quiliano, sia di quella di Albenga, ma certamente di grande livello. Un bel bicchiere di vino rosso dove si sposa la Liguria e la Langa, complimenti… Poi gli altri partecipanti, nomi ormai acclamati nel mondo del vino, da Aimone Vio a Lino Roncone di Podere Grecale, da Eliana Maffone e Bruno Pollero di Tenuta Maffone, ai vini sempre più sorprendenti de la Maccia di Ranzo, veramente un qualcosa di grande che va avanti nel nome della cantina in Rosa.
Non sono mancati, ovviamente, i vini dei padroni di casa, la/le famiglia/e Turco, con le varie cantine, che in qualche modo hanno, nel corso degli anni, mantenuto alto il nome della granaccia. Due parole sulla Vecchia Cantina di Salea, con i suoi rossi e le sue bollicine, con la giovane azienda di Giulia Dell’Erba, erede della cantina di Dario Enrico, e di tutte le altre cantine, da Ramoino a Feipù dei Massaretti, a Cascina Praje, che continuano con passione e competenza a proporre grandi rossi a dispetto della nomea di “Liguria terra di Bianchi”. Nei prossimi giorni faremo, cantina per cantina una disamina delle bottiglie, del futuro, delle possibilità dei vini di questi indomiti cavalieri della viticoltura ligure.
“Liguria del gusto e quant’altro” è il titolo di questa rubrica curata da noi, Elisa e Stefano, per raccontare i gusti, i sapori, le ricette e i protagonisti della storia enogastronomica della Liguria. Una rubrica come ce ne sono tante, si potrà obiettare. Vero, ma diversa perché cercheremo di proporre non solo personaggi, locali e ricette di moda ma anche le particolarità, le curiosità, quello che, insomma, nutre non solo il corpo ma anche la mente con frammenti di passato, di cultura materiale, di sapori che si tramandano da generazioni. Pillole di gusto per palati ligustici, ogni lunedì e venerdì: clicca qui per leggere tutti gli articoli.