A San Martino il mosto diventa vino, dice un vecchio adagio popolare, e in Valle Arroscia il mosto diventa Ormeasco.
L’11 novembre del 1998 nasceva la confraternita dell’ormeasco, un sodalizio che doveva aiutare a valorizzare il vino del situazionismo, ma anche il vino che segna il confine tra la Liguria di inizio montagna e il Piemonte. Un vino antico e storico, lo abbiamo scritto tante volte, che quest’anno segna una data di rilancio. La confraternita dell’Ormeasco è tornata, in una cena amicale, svoltasi al ristorante Cadò di Cosio d’Arroscia, il borgo dove, nel 1957, nacque il Situazionismo davanti a litri e litri di “Cosiate”, l’Ormeasco così come lo chiamavano quegli intellettuali capeggiati da Guy Debord e Pinot Gallizio.
L’input venne dall’allora presidente della Provincia di Imperia Gabriele Boscetto che spinse i produttori a riunirsi. Sono passati oltre 20 anni e dopo essere arrivati ad avere fino a 22 iscritti la confraternita aveva visto una lenta emorragia di aderenti dovuta alla chiusura di molte aziende. Ma ora l’Ormeasco ha sempre maggiori estimatori e la serata ha sancito l’ingresso di nuove leve, che hanno recitato il suggestivo giuramento che ogni confratello è tenuto a prestare come rito di iniziazione. Il nuovo corso parte con l’obiettivo di una più stretta collaborazione tra le Cantine e la programmazione di nuove iniziative per la promozione dell’Ormeasco.
La serata ha quindi visto fare gli onori di casa al Priore Guglierame, dopo aver recitato l’inno della Confraternita: il testo che Mario Soldati ha dedicato alla Valle Arroscia nel 1975 (tratto da Vino al Vino). L’intero consiglio ha indossato la tradizionale “divisa” e gli emozionati Marco Luzzati e Giorgio Guastalla (titolari di PeqAgri, ora proprietari dei marchi Lupi e Guglierame) hanno prestato giuramento. Sono ora quindi 11 le Aziende Vinicole Produttrici di Ormeasco DOC aderenti: Alessandri Michele, A Maccia di Carlotta Carminati, Cascina Nirasca, Colle Sereno, Cooperativa Viticoltori Ingauni, De Peri Paolo, Fontanacota, Gualtieri Roberto, Guglierame, Ramò Giampaolo, Tenuta Maffone e appunto il nuovo ingresso Peq Agri.
Lo chef del Ristorante Cadò ha deliziato gli intervenuti con un menù tutto dedicato al territorio con un piccolo omaggio alla Toscana, sua terra di origine. Inutile dire che le portate sono state accompagnate dalla degustazione dei vini dei confratelli. Una serata piacevole durante la quale, in un ambiente conviviale, si sono gettate le basi per le iniziative del futuro.
Il vitigno dell’Ormeasco ha una storia nobile e documentata. Furono i Marchesi di Clavesana a voler impiantare il vitigno di Dolcetto in Valle Arroscia, lo testimonia lo Statuto del Gestores Universitatis Pornaxi redatto dal Notaio Gandalini nel 1299.
Nel corso dei secoli, merito del clima, del salino che arriva col vento di mare, del terreno, della passione dei viticoltori, quei filari sono diventati un vino diverso dal Dolcetto, l’Ormeasco di Pornassio, appunto, che si fregia della Doc. Il disciplinare consente la coltivazione dell’Ormeasco nei Comuni dell’Alta Valle Arroscia e in alcuni Comuni della Valle Argentina, sempre sul versante tirrenico per “prendere” il salino.
Un vino versatile l’Ormeasco, è di colore rosso rubino (Ormeasco e Ormeasco Superiore) se vinificato in rosso e rosa corallo (Ormeasco sciac-trà) se vinificato in bianco. Ma il disciplinare consente la vinificazione anche di Ormeasco passito, di passito liquoroso e, negli ultimi anni, anche come spumante. Insomma, quel vino spesso e aspro, un tempo protagonista nelle osterie e nelle feste di paese è diventato un vino da intenditori, capace di essere un volano per il turismo enogastronomico, settore sempre più importante per l’economia ligure e non solo.
Ormeasco, il vino che ha “ispirato” la rivoluzione giovanile del ’68. Nel 1957, a Cosio d’Arroscia, infatti, arrivarono da Albissola, un gruppo di artisti e intellettuali (tra cui Guy Debord, francese, ispiratore e guru del ’68 parigino) per festeggiare un amico, Piero Simondo, appena sposato a Cosio con Elena Verrone.
Assieme a lui Michèle Bernstein, Asger Jorn, Pinot Gallizio, Pegeen Guggenheim e Ralph Rumney, Walter Olmo. A Cosio scrivono il manifesto del Situazionismo, movimento artistico e politico che caratterizza gli Anni ’60 (e ancora oggi ha grande influenza, penso a Carlo Freccero, Antonio Ricci e al suo Striscia la notizia, a Tatti Sanguineti).
Arte, politica e vino in quella settimana del 1957. Certo, l’Ormeasco bevuto dai fondatori del Situazionismo è totalmente diverso di quello di oggi. Se all’epoca si distribuiva in damigiane, era il vino delle osterie di Albenga e Imperia (in quella settimana del 1957 addirittura le due osterie del paese scesero a valle per acquistarne ancora, perchè quei giovani avevano terminato tutte le scorte in cantina), oggi è un vino ricercato, eclettico, che si può vinificare in rosso, può essere Superiore, spumante, passito, sciac-e-tra.
“Liguria del gusto e quant’altro” è il titolo di questa rubrica curata da noi, Elisa e Stefano, per raccontare i gusti, i sapori, le ricette e i protagonisti della storia enogastronomica della Liguria. Una rubrica come ce ne sono tante, si potrà obiettare. Vero, ma diversa perché cercheremo di proporre non solo personaggi, locali e ricette di moda ma anche le particolarità, le curiosità, quello che, insomma, nutre non solo il corpo ma anche la mente con frammenti di passato, di cultura materiale, di sapori che si tramandano da generazioni. Pillole di gusto per palati ligustici, ogni lunedì e venerdì: clicca qui per leggere tutti gli articoli.