Genova. Sono più che raddoppiati in Liguria i nuovi casi di coronavirus nella settimana 10-16 novembre: lo evidenzia il monitoraggio realizzato dalla fondazione Gimbe che rileva un aumento del 123% nella nostra regione rispetto al periodo precedente. Al momento i numeri non sono ancora da zona gialla, ma a preoccupare è la situazione dei contagi in provincia della Spezia, dove si registra una delle incidenze più alte in Italia.
“In 7 province si contano oltre 150 casi per 100mila abitanti: Trieste (638), Bolzano (402), Gorizia (369), La Spezia (248), Forlì-Cesena (219), Padova (179) e Vicenza (152)”, si legge nel report. “Di fronte a questi numeri – commenta il presidente della fondazione, Nino Cartabellotta – è inaccettabile che gli amministratori non abbiano introdotto restrizioni locali, seppur impopolari, accettando il rischio che la diffusione del contagio trascini l’intera regione in zona gialla“. Meno pericoloso il quadro nelle altre province: Imperia e Savona viaggiano a 119 nuovi casi ogni 100mila abitanti, Genova a 79 casi.

Al momento della rilevazione (16 novembre) la Liguria presentava un tasso di occupazione dei posti letto da parte di pazienti Covid pari al 5% per l’area medica e il 6% per le terapie intensive, sostanzialmente in linea con la media nazionale. L’attuale sistema per la determinazione dei colori stabilisce che per finire in zona gialla debbano essere superate entrambe le soglie (10% per la terapia intensiva, 15% per l’area medica) a prescindere dall’incidenza riscontrata. Le uniche regioni che corrono effettivamente questo rischio sono il Friuli-Venezia Giulia (14% di posti letto occupati in terapia intensiva e 13% in area medica) e parzialmente le Marche (10,1% in terapia intensiva e 7% in area medica).

Per quanto riguarda le vaccinazioni, la Liguria resta sotto la media nazionale col 78,7% della popolazione totale immunizzata (media nazionale 81,1%) e il 76,7% coperta da almeno una dose (media nazionale 76,8%). Raggiunto il 100% della platea per la terza dose aggiuntiva per immunodepressi, mentre sulle dosi booster la nostra regione rincorre al 41,1% contro il 53,3% italiano.
“Nello scenario attuale sono due le decisioni politiche che possono minimizzare il rischio di misure restrittive – conclude Cartabellotta -. La prima è ridurre a 6 mesi la validità del green pass rilasciato a seguito di vaccinazione, in linea con le evidenze scientifiche sulla durata della protezione vaccinale e con le indicazioni per la dose di richiamo. La seconda è introdurre l’obbligo vaccinale sia per il ciclo primario, sia per la dose booster, almeno per tutte le categorie di lavoratori a contatto con il pubblico. Invece, non convince affatto il super green pass sul modello austriaco, di fatto un surrogato dell’obbligo vaccinale: escludere il tampone dalle modalità per il rilascio della certificazione verde – pur identificando le attività essenziali per le quali tale opzione rimarrebbe valida – rischia solo di aumentare le tensioni sociali senza alcuna garanzia di aumentare coperture vaccinali e adesione alla terza dose”.