Genova. La storia è quella di un uomo anziano e malato che, probabilmente a causa della sua patologia, non ha capito che quel tunnel non era pedonale e una volta al buio della galleria ferroviaria si è sentito male ed è morto. Ma il nome dell’anziano e la sua storia non possono non far scattare qualche dubbio in più.
Il 79enne trovato senza vita nella galleria sotterranea di Principe, sabato sera, è infatti Totò Di Gangi, boss della malavita, fedelissimo di Totò Riina e Giovanni Brusca ed era appena uscito dal carcere di Asti – dove si trovava rinchiuso per mafia – per andare ai domiciliari a casa sua, Sciacca, in Sicilia. Quella era la meta del suo viaggio, come si evince dal biglietto che gli è stato trovato in tasca.
Ma allora perché la sosta a Genova? Casualità nella casualità, Di Gangi è stato fatto scendere dal treno perché, controllato, è stato trovato senza green pass. Perché non era stato vaccinato in carcere? Perché non era stato sottoposto a tampone prima dell’uscita dal penitenziario? Perché, visti i problemi cognitivi per cui gli erano stati concessi i domiciliari è stato fatto viaggiare da solo?
Sulla vicenda è stata aperta un’inchiesta per omicidio colposo dal sostituto procuratore dell’antimafia Federico Manotti che ha disposto l’autopsia sul corpo dell’anziano. La squadra mobile e la polfer stanno analizzando i movimenti di di Gangi in stazione vagliando anche le telecamere di sorveglianza.
Salvatore – Totò – Di Gangi stava scontando una condanna a 17 anni, ridotti a 13 anni e 4 mesi per associazione a delinquere di stampo mafioso e decisa dal tribunale di Palermo. Il suo nome è collegato a Cosa Nostra sin dagli anni Novanta come a capo della cosca di Sciacca.