Genova. A partire dal 2024 anche il Comune di Genova dovrà mettere a gara tutte le concessioni per la gestione degli stabilimenti balneari. È il risultato inevitabile della pesantissima sentenza del Consiglio di Stato che in pratica disapplica la legge Centinaio del 2018, quella che aveva stabilito la proroga automatica fino al 2033 nonostante la direttiva europea Bolkestein sulla concorrenza imponesse la scadenza immediata. Una decisione che accende da una parte la rabbia di migliaia di imprenditori (in Liguria circa 1.200) e dall’altra la speranza di chi reclama un aumento della quota di spiagge libere e adesso confida nel terremoto innescato dai giudici per mettere mano all’intero sistema delle concessioni demaniali. Anche se, probabilmente, dovrà rassegnarsi ad aspettare.
“Ci adegueremo, non potremmo fare altrimenti“, annuncia l’assessore al Demanio marittimo Pietro Piciocchi. Che infatti, da buon giurista, ci aveva visto lungo nove mesi fa rifiutando di applicare la proroga al 2033 – azione sconsigliata dalla stessa Procura – e prolungando di un solo anno le concessioni in scadenza in attesa di un chiarimento definitivo sulla vicenda. “In altri termini noi, in un contesto normativo oggettivamente fragile e nella più assoluta assenza di indicazioni da parte del Governo, avevamo assunto una posizione mediana, confermata dal Consiglio di Stato, aprendo progressivamente all’evidenza pubblica – ricorda Piciocchi -. Il primo obiettivo era evitare che i balneari fossero considerati privi di un titolo di legittimazione da parte della magistratura penale che aveva chiaramente affermato di ritenere illegittima la proroga delle concessioni fino al 2033″.
Ma adesso che cosa succede? “Lavoreremo a un percorso in condivisione con gli operatori che, nel rispetto della legge, garantisca la tutela degli investimenti posti in essere nel corso degli anni”. In altre parole: dal 2024 via alle procedure di evidenza pubblica per gli stabilimenti esistenti, ma non senza qualche accorgimento in favore dei balneari che in molti casi li gestiscono da decenni. I quali, comunque, potranno partecipare ugualmente alle gare. “È evidente – prosegue Piciocchi – che, nel momento in cui sono stati fatti investimenti che hanno una valenza pluriennale e quindi anche un ritorno pluriennale, chi dovesse subentrare nella concessione dovrà riconoscere all’uscente una parte dell’investimento non ammortizzato. Questo è pacifico e in questo modo si tutela chi perde la concessione”.
C’è poi un altro tema “molto delicato e complesso”, quello del cosiddetto valore di avviamento. In sostanza il nuovo gestore potrebbe dover riconoscere al predecessore un ulteriore prezzo corrispondente al marchio aziendale. È una prassi che di solito riguarda la cessione di rami d’azienda, non le concessioni demaniali. “Ci riserviamo una valutazione perché su questo temo ci siano limitazioni di carattere legale – riflette Piciocchi -. Si tratterebbe di una somma da pagare in virtù del patrimonio di contatti, clientela e fatturato che deriva dall’azienda precedente. Andrà fatta una disquisizione giuridica sulla possibilità di applicare una misura equipollente in una condizione di subentro attraverso l’aggiudicazione di una gara. È una strada molto in salita, ma siccome è un tema che i balneari hanno posto, io mi faccio carico di studiarlo”.
A Genova, intanto, giace da più di quattro anni nei cassetti di palazzo Tursi un piano per aumentare le spiagge libere a discapito degli stabilimenti balneari. Si chiamava Proud (progetto di utilizzo del demanio marittimo), approvato in extremis dalla giunta Doria prima del ribaltone politico, e aveva l’obiettivo di sanare un’anomalia italiana ma soprattutto ligure, la netta prevalenza di arenili in concessione rispetto a quelli fruibili gratuitamente. A prevederlo, tra l’altro, è la legge regionale 22 del 2008 che stabilisce per ogni comune almeno il 40% di spiagge libere o libere attrezzate. Ne avevamo parlato in questo articolo. Per un motivo o per l’altro la giunta Bucci ha sempre rimandato la sua applicazione, aggrappandosi proprio alla situazione di incertezza normativa che impediva di ridisegnare a lungo termine il risiko del litorale, specialmente nella zona “calda” di corso Italia. Da ieri, in realtà, quell’incertezza è venuta meno.
L’assessore Piciocchi però frena: “In verità non è un tema all’ordine del giorno. Ora la priorità della mia delega al Demanio è quella di assicurare un percorso che conduca gradualmente, senza strappi e con buonsenso, all’apertura verso l’evidenza pubblica delle concessioni”. Anche perché il Proud, ricorda Piciocchi, non riguarda solo le spiagge libere: “È uno strumento di governo del territorio demaniale che riguarda l’intero assetto delle concessioni, gli investimenti, la policy, i circoli. È un piano che coinvolge vari enti. La discussione sull’ampliamento delle spiagge libere si potrà fare e sono disponibilissimo ad aprirla mentre affrontiamo il passaggio delle concessioni che non sarà affatto facile. Il Comune in questi anni ha molto investito sulle spiagge libere attrezzate, con strutture, personale e servizi di sicurezza dedicati e continuerà a farlo”.
Insomma, prima bisognerà placare l’ira dei balneari e poi, semmai, saranno accolte le rimostranze delle associazioni dei consumatori che chiedono da anni un cambio di rotta. A rappresentare il loro coordinamento in Liguria è Stefano Salvetti, tornato subito all’attacco: “Quel piano deve uscire dai cassetti del Comune, non ci sono più alibi. Meglio sarebbe a questo punto una legge quadro nazionale, per avere mare libero fruibile almeno al 50%. Ora vedremo se stanno coi cittadini o solo con la lobby dei balneari“.
Balneari che adesso, dopo la sconfitta al Consiglio di Stato, passano alle accuse: “Sentenza prevedibile visto il clima negativo che tutti i mass media hanno contribuito a creare con titoli e articoli sulla materia completamente fuorvianti, spesso tendenziosi e comunque senza mai ascoltare le ragioni degli operatori – sostiene Massimo Stasio, presidente genovese del Sindacato italiano balneari -. Il vero colpevole della vicenda, il governo italiano, viene appena nominato e a questo viene appena rivolto un blando appello ad intervenire. Grottesca la decisione da parte di un organo giudiziario di decidere quale debba essere il tempo necessario alla formulazione di una legge rispettosa delle direttive europee. Mi domando infine per quale motivo si debbano aprire le porte a colleghi europei quando per noi italiani è impossibile avere concessioni nei Paesi esteri citati dalla sentenza, come Spagna, Croazia, Portogallo e Francia, con buona pace della parità di diritti e reciprocità”.
Ancora prima del confronto coi Comuni, secondo gli imprenditori del settore, bisognerà aprire quello col Governo “per stabilire le regole generali per queste gare. Non è pensabile che ognuno dei Comuni costieri italiani si inventi una formula diversa. Vanno quindi decisi a livello nazionale i criteri base per poter concorrere – conclude Stasio -. Al momento ai Comuni non viene dato alcun compito, anzi vengono sollevati da qualsiasi adempimento, con loro gaudio”.