Genova. “Spiace comunicare che oggi 17 novembre 2021 la sala di studio dell’Archivio di Stato di Genova rimarrà chiusa al pubblico, a causa della mancanza del personale sufficiente per garantirne l’apertura“. Questa l’asciutta comunicazione che questa mattina ha avvisato in extremis i ricercatori che si erano prenotati per l’accesso e la consultazione all’interno dell’Archivio di Stato di Genova, struttura alle prese da tempo da una cronica mancanza di personale.
“Per fortuna sono riuscito a leggere la mail in tempo – spiega Andrea Lercari, archivista – ma immagino il disagio per chi magari aveva prenotato l’accesso tempo addietro e magari si è trovato con le porte chiuse davanti. Una situazione decisamente sconfortante per uno dei luoghi più preziosi che abbiamo in città, per la nostra storia e per la nostra cultura”.
Una chiusura che arriva dopo una lenta ma costante penuria di risorse che la struttura sopporta già da prima dell’arrivo del Covid e della relativa pandemia che di fatto ha solo complicato una situazione già pesantemente compromessa. “Il problema ovviamente non è solo quello che vediamo oggi – aveva spiegato a Genova24 Giacomo Montanari, curatore scientifico dei Rolli Days per lanciare l’allarme sulla situazione dell’archivio genovese – le strutture di questo genere del nostro paese sono tutte sotto organico e la politica di fatto non investe e non tutela questi scrigni tangibili e insostituibili della memoria”.
Oggi quella temuta chiusura è arrivata. Certo, incidentale e temporanea, ma significativa di un percorso la cui inversione di marcia non sembra essere ancora contemplata. “Il nostro archivio è uno dei più quotati a livello mondiale – continua Lercari – per capirci, per l’archivistica ha lo stesso valore che Pompei ha per l’archeologia visto la quantità di materiale conservato. Non potervi accedere con regolarità e facilità è un grave danno alla ricerca culturale di tutto il paese”.
Ed è per questo che tra i ricercatori sta scattando la mobilitazione, con il lancio di una campagna di mail di protesta al ministro della Cultura Dario Franceschini: la richiesta è solo una, vale a dire tornare a investire risorse vere per mantenere vivi e vivibili questi “luoghi sacri”, tanto preziosi da essere oggi chiusi in veri e propri sarcofagi sempre più inespugnabili.