Genova. Tatiana lavora come domestica per una pensionata genovese. Mentre fa il suo ingresso nell’hub vaccini della Asl 3, alla sala Chiamata del porto, guardando con aria interrogativa i festoni dorati lasciati dalla Compagnia unica e chiedendo se sia proprio qui che ci si può vaccinare, non sa ancora che la Regione ha annunciato i tamponi gratis per chi, come lei, ha ricevuto la prima dose in queste ore.
“Voglio togliermi il pensiero e non fare tamponi – dice – anche se avrei preferito non fare il vaccino”. Perché? “Perché non sappiamo cosa c’è dentro”, taglia corto. Insieme a Tatiana sono parecchie le persone che oggi, alla vigilia dell’obbligatorietà del green pass per lavorare, hanno deciso di cedere alla paura o alla perplessità e di vaccinarsi contro il covid. Anche perché – pur non avendo molto senso da un punto di vista sanitario – ormai per avere il green pass non serve attendere 15 giorni dopo la prima dose.
Ed è così che, se non sono state registrate certo resse, al principale hub vaccinale pubblico ligure, c’è stato comunque un aumento di circa il 20% degli accessi e richieste nelle ultime 48 ore. “Ieri – spiega Roberto Rosselli, medico e dirigente del settore professioni sanitarie dell’Asl 3 – abbiamo avuto oltre 500 vaccinati rispetto alla media dei 350, 400 delle settimane passate e si è trattato in gran parte di prime dosi”.
L’identikit del vaccinato “last minute” è quello di una persona tra i 30 e i 50 anni, secondo Rosselli: “Mentre la fascia dei cinquantenni e dei sessantenni è quella ancora più restia a vaccinarsi, ad ogni modo chi si vaccina ora sono quei lavoratori che non immaginavano che la normativa sul green pass sarebbe stata così restrittiva”.
All’hub vaccinale della Sala Chiamata è possibile presentarsi senza prenotazione. E sono in tanti quelli che lo fanno in queste ore. “Magari c’è chi è venuto nei giorni scorsi per tastare il terreno, per chiedere informazioni e poi si è deciso, diciamo che questo strategia del nudging, la spintarella delle madri nei confronti dei loro cuccioli, sta funzionando”. Che è poi – con un linguaggio mutuato dalla biologia – il meccanismo usato dai governi, non solo da quello italiano, per spingere i cittadini a vaccinarsi senza poterli, almeno per ora, obbligare a farlo.
Il dottor Roberto Rosselli della Asl 3, essendosi occupato anche di contact tracing, dall’inizio della pandemia, fa anche il punto sui tamponi. Il timore è che non ci siano abbastanza laboratori o addetti per quelle che potrebbero essere tantissime richieste. “Attualmente l’offerta diagnostica, soprattutto sui tamponi rapidi è elevata, sia da parte dei servizi pubblici sia privati, entrambi hanno un’ampia possibilità di risposta, è chiaro che se ci sarà un picco di richieste nei prossimi giorni il sistema potrebbe avere dei problemi, potremmo passare ad aumenti anche del 100% o 200%, ma tutto è da vedere“.