Genova. “Ho già fatto i conti e sono pronto a vendermi la macchina e ad arrivare a fine anno senza lavorare” racconta un portuale del Psa di Pra’ che questa mattina con altri colleghi ha scelto di presidiare il varco Albertazzi nel porto di Genova dove vengono fatti entrare solo i camion che trasportano deperibili e i passeggeri dei traghetti.
“Mi rifiuto di dover mostrare un codice a barre come fossi un pacco per andare a lavorare” aggiunge mentre osserva una donna arrivata da fuori Genova che a pochi metri distribuisce volantini ai camion in uscita dal varco scandendo lo slogan “No green pass”. Il quarto giorno di proteste contro il green pass nel porto di Genova prosegue tranquillo dopo il blitz pacifico della polizia che all’alba ha riconquistato un paio di varchi e ottenuto la garanzia di un’operatività, seppur rallentata, dello scalo genovese”.
“Il problema è che il green pass e’ fortemente discriminatorio e quello che trovo ingiusto è che visto che non esiste alcun obbligo bisogna pagare per lavorare” dice un dipendente di Iren che insieme ad alcuni colleghi sta partecipando ai presidi in porto. “In Iren non abbiamo neppure i tamponi a prezzi calmierati – spiega – a causa dell’opposizione di parte dei sindacati”.
Le posizioni in piazza sono variegate: chi si racconterebbe del tampone gratis, chi non vuole proprio sentir parlare di green pass e chi parla complotti, dittatura ecc: “Per me c’è qualcosa dietro a questo green pass e il problema non è adesso ma è come lo utilizzeranno dopo. Secondo me il modello è la Cina” dice senza esitazione un altro portuale.
Al presidio di varco Albertazzi c’è anche il sindacato Usb che continua la sua battaglia per i tamponi gratuiti: “La buona notizia è che delle grandi aziende in porto sono arrivate a sette quelle che forniscono i tamponi gratis- spiega José Nivoi del sindacato Usb – ma il problema è ancora l’organizzazione perché le convenzioni con le singole farmacie causano spesso lunghe code la sera tardi o la mattina, incompatibili con i turni di lavoro”. A fornire i tamponi gratis sono al momento i terminal Psa del Vte e il Sech, il porto Petroli, il terminal Spinelli a cui si sono aggiunti Gnv, Csm e terminal San Giorgio.
Al varco Etiopia così come ad Albertazzi, i due presìdi organizzati continuativamente da venerdì. continua il viavai di genovesi solidali con la protesta e di tantissima gente arrivata da fuori, in particolare dal basso Piemonte. C’è chi porta il cibo, chi le bevande, si formano piccoli gruppetti che chiacchierano tranquilli, altri che si improvvisano oratori. La digos sorveglia nemmeno troppo da lontano ma il clima è molto tranquillo: per la Questura se il porto riprende a funzionare, seppur con qualche rallentamento, i presidi possono restare dove sono.
Poi ci sono i casi-limite: in lungomare Canepa c’è una donna francese di mezza età che per ore va avanti con una diretta improbabile per raccontare ai suoi connazionali la protesta di Genova e trarne esempio. C’è un giovane che racconta sfidante davanti a una telecamera che lui lecca per terra apposta e non ha mai messo la mascherina e sta benissimo Dal punto di vista politico la composizione è ancora più complessa: anarchici, portuali vicini a lotta comunista come ex M5S, leghisti che si sono sentiti traditi, e simpatizzanti, più o meno noti, di estrema destra. Tutti insieme uno accanto all’altro scegliendo di fare finta di nulla in nome di una battaglia “per la libertà” per alcuni o cercando di cogliere i frutti dello scontento sociale per altri.
Un gruppo di portuali della compagnia unica sta lì a sorvegliare contro eventuali infiltrazioni fasciste, ma questa protesta trasversale, che ha fatto saltare ogni regola, racconta soprattutto di una società profondamente divisa e che sarà difficile ricomporre.