Frontiera

Lo smartphone assassino, il laboratorio del Festival della Scienza per educare i ragazzi all’uso consapevole delle tecnologie

Organizzato da Alpim e Camera Penale minorile, ha coinvolto 180 ragazzi in una riflessione allargata sulla forza e la pericolosità degli strumenti di comunicazione

Genova. “Un coltello può servire per spalmare la marmellata, ma può anche essere usato per uccidere. Allo stesso modo lo smartphone è uno strumento che ha molte funzioni potenti e costruttive, ma che se usato male può arrivare anche a distruggere la vita delle persone”.

Queste le parole di Filippo Guigla, avvocato, vicepresidente di Alpim (Associazione ligure per i minori) e presidente della Camera Penale minorile di Genova, che riassume in questo la genesi de “Lo smartphone assassino – E’ possibile fare del male con un telefono”, il laboratorio, organizzato sempre da Alpim nell’ambito del Festival della Scienza per portare i ragazzi a riflettere sulla tematica attualissima dell’utilizzo delle tecnologie di comunicazione, a partire dai telefonini fino ai social. “Una riflessione che spesso rimane in secondo piano. La tecnologia di per sé è neutra, ma i suoi effetti dipendono da come la si usa – sottolinea Guiglia – Oggi ci troviamo a affrontare un panorama in crescita di comportamenti distorti e che sempre più spesso arrivano a configurare veri e propri reati, che vanno dalla sostituzione di persona attraverso la creazione di identità virtuali fittizie, alla immanenza delle immagini, sexting e cyber bullismo”. Reati sempre più presenti nelle aule dei tribunali.

Il laboratorio, aperto ai ragazzi dai 14 ai 19 anni, nei tre giorni di attività presso il Palazzo della Borsa, ha registrato la presenza di circa 180 studenti provenienti dalle scuole di tutta la Liguria, ma non solo: “Sono molti i ragazzi arrivati per esempio dal basso Piemonte per partecipare al festival e che hanno scelto questo laboratorio, un ulteriore valore aggiunto per questa iniziativa di Alpim”. I ‘lavori’ del lab sono partiti dai casi scuola: “Abbiamo messo i ragazzi davanti a episodi classici, che si ripetono praticamente ogni giorno, come la condivisione di foto private e l’accesso a profili privati di altri – continua Guiglia – da qui poi la riflessione sulle ipotetiche azioni che possono essere fatte, a partire dall’aspetto ovviamente giuridico”.

Giuridico ma non solo: uno degli intenti del laboratorio è infatti quello di provare a lavorare sulle capacità empatiche dei ragazzi, per far riflettere sugli effetti emotivi e psicologici, oltre che legali, delle vittime di questi comportamenti. Comportamenti che possono danneggiare anche chi li attua: “In questo laboratorio abbiamo anche analizzato la gestione della propria immagine sul web, come le foto di vita privata che in qualche modo possono impattare anche sulla vita futura lavorativa e sociale delle persone. E tutti questi sono rischi reali: i dati della Procura e del Tribunale parlano chiaro, con i numeri relativi ai reati legati alle tecnologie digitali in constante aumento, anche e soprattutto tra i giovanissimi”.

Una tematica attualissima, che Alpim, Associazione ligure per i minori porta avanti da anni, rinnovando i propri interventi sulla base dei rapidi sviluppi soprattutto comunicativi e comportamentali del mondo dei minori, mai come oggi esposto a rischi e strumentalizzazioni. Un supporto ai ragazzi e alle loro famiglie, sia in ambito giuridico che in ambito scolastico e formativo, che oggi passa immancabilmente per l’educazione digitale.

“Stiamo assistendo ad una rivoluzione antropologica che interessa in modo specifico le nuove generazioni ed il loro rapporto con le tecnologie dell’informazione e della comunicazione – spiega Carlo Castellano, presidente di Alpim – Il digitale interessa le dimensioni della socialità e dello svago e contribuisce significativamente, nel caso di giovani e giovanissimi, alla creazione di una vera e propria identità digitale. Il digitale comporta rischi ma certamente offre molte opportunità soprattutto in termini di sviluppo professionale e occupazionale”. Ma, appunto, senza educazione e consapevolezza può diventare uno strumento distruttivo.

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