Genova. È un vero e proprio “caso ciclabili” quello scoppiato a Genova dopo il servizio andato in onda su Striscia la notizia in cui l’inviata Chiara Squaglia ridicolizza la “follia” della rete d’emergenza tracciata dal Comune. “Un vademecum di tutto ciò che non deve essere fatto per la viabilità ciclabile, sono pericolose“, sintetizza alla fine del video Enrico Bonizzoli, titolare di una società di consulenza e progettazione di Milano chiamato in causa come esperto sul tema. In giornata non si sono fatte attendere le repliche del Comune e della Fiab che hanno bollato tutte le critiche come “inesattezze” e “castronerie” spiegando che le corsie ciclabili realizzate in città sono perfettamente a norma.
Nel pomeriggio alla redazione di Genova24 è arrivata la telefonata di Bonizzoli, il consulente di Striscia, che difende a spada tratta quanto affermato nel servizio e anzi rilancia: “Suggerisco a questi signori di andarsi a leggere molto bene il codice della strada. Le modifiche di cui parlano sono state introdotte dal decreto Rilancio, ma esiste un altro fascicolo, che si chiama regolamento di attuazione ed esecuzione, dove sono contenute le norme specifiche e tecniche, ad esempio quanto devono essere larghe le corsie ciclabili, dove si possono fare, quale segnaletica verticale va installata. Ad oggi questo documento non è stato aggiornato, quindi queste modifiche non si potevano fare“.
In altre parole Genova sarebbe fuori legge? “Sì, ma in tutta Italia sono stati fatti interventi in maniera impropria – prosegue Bonizzoli -. Io stesso ho predisposto un documento che ho fatto avere al ministero, con cui ho a che fare da circa 30 anni. So quello che dico: questi signori dimenticano che prima di andare su Striscia gli autori devono sapere con chi hanno a che fare, altrimenti rischiano di fare brutte figure. Loro pensano di avere la verità in tasca, ma io parlo con la legge in mano”.
A rispondere per il Comune di Genova è il mobility manager Enrico Musso: “Questo signore ha detto cose inesatte ad essere generosi, mentre ad essere obiettivi le chiamerei castronerie da ignorante. Forse è raccomandato da Mediaset. Non mi risulta che ci sia bisogno di un regolamento di attuazione, e non risulta nemmeno a tutte le altre città italiane. Non è qualunque cosa debba avere un regolamento, la norma non lo dice affatto, perciò è direttamente esecutiva. Se vuol venire a Genova a dibattere delle sciocchezze che ha detto, lo invito a palazzo Tursi e gli pago il biglietto del treno, ma in seconda classe”.
Da segnalare anche che durante un webinar organizzato dalla Fiab nazionale Giuseppe Catalano, coordinatore della struttura tecnica di missione presso il ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili, ha spiegato che “le nuove norme del codice della strada in materia di mobilità ciclistica sono applicabili in modo immediato in quanto inserite in provvedimenti di legge urgenti e non è dunque necessario attendere altri regolamenti“.
Musso risponde poi punto per punto alle criticità evidenziate nel servizio. “Partiamo dal rosso sull’asfalto che sarebbe vietato dal codice della strada. Non è così: c’è una circolare che consiglia di usarlo nelle intersezioni e in altre situazioni di pericolo, il Comune ha scelto di estenderlo ovunque sulla base dell’assunto che una corsia ciclabile è sempre potenzialmente pericolosa in modo da renderle più visibili ovunque possibile”.
Corsie ciclabili troppo strette? Nel servizio si vede una ciclista che non riesce a stare in equilibrio mentre tenta di seguire il percorso tracciato in via Rimassa. “La pista ciclabile ha una larghezza minima di 1,5 metri, ma le corsie ciclabili devono avere una larghezza che non è precisata in centimetri – continua Musso – ma che deve consentire il passaggio di una fila di velocipedi. E al di là della scenetta comica, su corsie di 80-100 centimetri ci si passa tranquillamente”.
Perché la doppia riga anziché la riga semplice in viale Brigate Partigiane? “Loro devono far ridere perché sono comici, e ci riescono – prosegue Musso – ma quella pista ciclabile su corsia riservata si trova tra il limite della carreggiata per gli altri veicoli a sinistra e il franco di sicurezza per le auto parcheggiate a destra. Non è che mettiamo quattro righe mentre ne sono prescritte due. Il risultato è confuso? Prendetevela con chi ha fatto le norme, che non siamo noi”.
Ma i posteggi lungo la pista ciclabile non sono pericolosi? “In quel caso c’è l’obbligo di mantenere un franco e di segnare la riga tratteggiata, che viene rispettato. Non è un’arlecchinata fatta a caso”. Laddove invece ci sono solo i pittogrammi, come in via Buranello, “non esisteva spazio per una corsia che consentisse il transito senza pericoli. Servono solo per dare un’indicazione dell’itinerario complessivo”.
E sul “salto” tra via Canepari e via Jori, dove la corsia passa improvvisamente da sinistra a destra (punto, quest’ultimo, riconosciuto come problematico anche dalla Fiab, il mobility manager spiega: “A destra c’è una corsia bus a ore alternate con parcheggi per le auto. Appoggiare la corsia ciclabile a destra avrebbe significato trovarsela a metà carreggiata e sarebbe stato impraticabile. La corsia ciclabile sulla sinistra è assolutamente nella norma anche se insolita. Sulla svolta sarebbe stato meglio tracciare un attraversamento ciclabile per maggiore sicurezza, ma comunque non è obbligatorio”.
Intanto, nonostante la strenua difesa di Bonizzoli, nelle stanze di palazzo Tursi gira voce che la redazione di Striscia abbia telefonato in Comune per scusarsi, riconoscendo alcune inesattezze e promettendo un “servizio riparatore” da mandare in onda prossimamente.