Genova. “La grande sconosciuta di Spagna“. È così che gli addetti ai lavori chiamano spesso Murcia, settima città del Paese per popolazione, centro universitario di primaria importanza e capoluogo di una regione nota come “l’orto d’Europa” per l’enorme produzione agricola delle sue fertili pianure alluvionali.
Ed è proprio questa percezione, che a volte contraddice la realtà, a costituire una delle premesse fondanti del gemellaggio che presto la unirà ufficialmente a Genova, in un certo senso una “grande sconosciuta d’Italia” per il potenziale turistico e culturale ancora inespresso nonostante l’indubitabile crescita registrata negli ultimi trent’anni.
Una delegazione genovese composta da giornalisti, dirigenti e funzionari del Comune e del Provveditorato agli studi ha appena concluso una visita di cinque giorni a Murcia. Scopo della spedizione, consolidare le relazioni e avviare una serie di incontri tecnici per sviluppare gli scambi e la promozione reciproca in diversi campi, dall’economia alla cultura, dall’istruzione alla comunicazione.
Ma non solo. Nella piazza della cattedrale, fulcro della vita cittadina, si è tenuta una gara eliminatoria del campionato mondiale del pesto al mortaio, la prima all’estero dopo lo stop imposto dal Covid, in vista della finalissima che tornerà a Palazzo Ducale nel 2022. Ben poca cosa rispetto all’evento che i murciani porteranno a Genova a maggio, l’Entierro de la Sardina, tradizionale festa di stampo carnevalesco con sfilate in maschera e uno spettacolare falò conclusivo con fuochi d’artificio. Ma al di là degli eventi sono numerose e concrete le strade percorribili nel segno di una collaborazione che stavolta – a differenza di altri gemellaggi rimasti lettera morta – non vuole essere solo di facciata.
Gemelle diverse
Due città che in verità non si assomigliano quasi per niente. Il dato più rilevante è quello demografico: Murcia ha quasi 450mila abitanti, poco meno dei 554mila di Genova. Eppure, mentre la Superba continua a invecchiare in un inesorabile declino, la città dei sardineros attira sempre più giovani grazie a un’offerta universitaria ritenuta eccellente in tutti i campi. Dal punto di vista orografico l’unico punto in comune è la presenza di un fiume, il Segura, che in passato – a dispetto del nome – ha causato disastrose inondazioni. Murcia non è sul mare, non ha rilievi montuosi, non ha mai avuto carenza di spazi su cui espandersi. Impossibile fare confronti sul piano geografico. Entrambe le città però scontano la carenza di collegamenti, soprattutto aerei.
Un’altra notevole differenza è nella struttura urbana. “Molti turisti che vanno in Italia conoscono solo Roma, Firenze e Venezia, ma Genova è una città sorprendente – raccontano alcuni giornalisti murciani della delegazione che aveva visitato il capoluogo ligure negli anni scorsi -. Quello che ci ha colpito è soprattutto lo stato di conservazione del centro storico, nonostante sia una città che vive al passo con questo secolo“. A Murcia infatti è difficile, se non impossibile, imbattersi in uno scorcio medievale perché gli elementi antichi sono quasi sempre nascosti dalle stratificazioni successive e non esiste un vero e proprio confine tra la città vecchia e quella moderna. Le vestigia della fondazione araba sono conservate quasi tutte nei musei, in particolare quello di Santa Clara che sintetizza in maniera sorprendente la storia del luogo.
Passato, presente e futuro
Più forti sono invece i legami storici. I genovesi frequentavano Murcia ben prima della Reconquista, attratti anzitutto dal commercio della seta: il primo patto commerciale risale addirittura al 1149. Nel corso dei secoli – grazie anche al progressivo avvicinamento tra le due realtà politiche – esponenti di famiglie liguri come Pinello, Usodimare, Fontana, Pagano, Interiano e Serra hanno ricoperto incarichi pubblici e religiosi, spesso erodendo sfere di potere agli stessi murciani. Solo per fare alcuni esempi, nel 1410 è attestato un Mallán Usodimare alcalde (cioè sindaco) di Murcia. Le sorelle Luisa e Juana Fajardo y Pinello furono le fondatrici del convento delle Agostiniane Scalze, mentre suor Clara de Elepiane (Dellepiane) era abbadessa delle Cappuccine e scrittrice. La cappella più ricca della cattedrale fu realizzata da un artista genovese.
Sulla base di queste antiche radici condivise, Genova e Murcia oggi provano a darsi una mano a vicenda. Anzitutto attraverso la reciproca promozione turistica, che passa dall’esportazione di tipicità identitarie come il pesto e l’Entierro de la Sardina, ma non solo. Durante l’ultima visita sono stati concordati scambi didattici per le scuole superiori in ambito scientifico, artistico e umanistico e nei prossimi mesi saranno individuati tre istituti pilota per partire col progetto. Nel 2018 le due città hanno aderito al progetto europeo Sister e attualmente presiedono il gruppo di lavoro Digital Citizenship di Eurocities. Nel 2022 uno stand di Murcia sarà presente alla nuova edizione di Euroflora ai parchi di Nervi. Ed entro quella data probabilmente verrà firmato il gemellaggio, deliberato da entrambi i consigli comunali nel 2019 ma mai formalizzato a causa della pandemia.
Prendere esempio
Città diverse, che tuttavia potranno tentare di assomigliarsi sempre di più. I murciani guardano a Genova per potenziare il percorso di valorizzazione e comunicazione del loro patrimonio storico e culturale, ancora in gran parte sepolto sotto la cenere delle rivoluzioni urbanistiche del Novecento. Ma Genova cosa potrebbe imparare da Murcia? Senz’altro la cultura dell’accoglienza e dell’ospitalità, un tratto fondante del carattere iberico. Ma anche la capacità di riqualificare gli spazi urbani per adibirli a nuove funzioni pubbliche. Un esempio lampante è il Cuartel de Artilleria, ex caserma dell’esercito, da un decennio completamente riconvertito in un polo culturale multifunzionale che ospita servizi universitari, una biblioteca, musei, mostre, concerti ed eventi di ogni tipo. Tutto gratuito e liberamente accessibile, a circa un chilometro dal cuore del centro storico. Non a caso la rigenerazione non si è fondata su accordi coi privati, ma su sostanziosi finanziamenti europei.
Di notevole impatto – ma decisamente low cost – è il progetto Adn Urbano (Dna Urbano) cofinanziato all’80% dal Fondo europeo di sviluppo regionale. Si tratta in sostanza di riqualificare un quartiere mantenendo sempre l’essenza e le radici proprie del luogo. Ma ciò che fa la differenza è il metodo realmente partecipativo. “Anzitutto si includono stakeholder locali come associazioni, gruppi di donne e anziani, studenti universitari, famiglie con bambini e si fanno incontrare con esperti di vari settori – spiega Kasper van Hout, esperto di progetti europei del Comune di Murcia che ha accompagnato la delegazione negli scorsi giorni -. Per tre mesi si organizzano attività in cui gli abitanti presentano disegni, si tracciano percorsi scuola-casa, si gira tutto il quartiere, si identificano piccoli difetti. Alla fine si elabora un documento che si confronta con le conclusioni degli esperti e vengono individuate 3mila piccole azioni di agopuntura urbana che vengono realizzate tutte nel giro di 10 giorni. Se così non fosse, nessuno si accorgerebbe del cambiamento. L’obiettivo non è realizzare un grande progetto, ma ottenere un grande impatto“.
A Murcia il progetto è stato applicato in tre quartieri tra cui il barrio di Santa Eulalia, in parte ricompreso nel centro storico. Tra gli interventi più interessanti c’è Huertolab, uno spazio collettivo ricavato nello spazio lasciato vuoto da un edificio demolito perché fatiscente. Il Comune ha sottoscritto col proprietario un accordo di cessione a titolo gratuito per 50 anni a patto di usarlo solo per finalità pubbliche. Oggi quello spazio ospita un orto con piante autoctone condiviso dalle scuole del quartiere per attività didattiche, una sala esposizioni, uno spazio culturale dove si tengono ad esempio lezioni di chitarra. La gestione dell’area, l’apertura, la chiusura, la pulizia e la manutenzione sono affidate direttamente agli abitanti in maniera “disinteressata e volontaria”, come recita il regolamento apposto all’entrata.
Ciò che ha cambiato il volto della zona non è stata una grande trasformazione, ma tanti piccoli interventi decisi da chi ci vive: dipingere e colorare una strada grigia e triste, migliorare l’illuminazione, rinnovare i giochi per i bambini, esporre in strada fotografie d’epoca per mantenere viva la memoria storica del luogo. Molte volte lo fanno gli stessi cittadini, con mezzi forniti dall’amministrazione. E quando non è possibile si adotta semplicemente il concetto della priorità: ad esempio, se in tutta la città è programmata la sostituzione dei cassonetti dell’immondizia con un sistema di raccolta sotto il livello della strada, si decide di partire da lì senza necessità di trovare nuove risorse nel bilancio comunale. Una rivoluzione silenziosa ed economica, ma percepita chiaramente dagli abitanti, dalla quale Genova potrebbe trarre una grande lezione.