Genova. La più antica pubblica assistenza di Genova , quella che ha di fatto inventato il soccorso moderno 122 anni fa, da ormai 21 anni ha sede in una ‘baracca’ (seppur perfettamente a norma) o, più correttamente, un prefabbricato, collocato dal Comune di Genova a ponte Parodi e rischia di essere sfrattata dai lavori per la riqualificazione dell’area senza che nessuno si sia preoccupato di trovarle in tutti questi anni una collocazione alternativa.
“Quando siamo arrivati qui nel 2000 doveva essere una soluzione temporanea – spiega il direttore operativo della Croce verde Stefano Brunetti – invece eccoci ancora qui , tra i cantieri che ci hanno ristretto lo spazio, polveri e in alcuni periodi detriti che ci finivano sul tetto”.
E le istituzioni? “Diciamo che negli anni tutti arrivano qui poco prima delle elezioni – commenta amaro il presidente della Croce verde Claudio Carlo Canepa – per noi scomparire poco dopo, nel frattempo siamo in una situazione di sempre maggiore incertezza”. La Croce al momento paga un affitto al Comune di Genova per il prefabbricato e un canone all’autorità portuale per l’occupazione dello spazio, o almeno così dovrebbe: “Da tempo il porto avrebbe voluto mandarci via -spiega Canepa e fra l’altro da qualche anno non ci manda nemmeno più le fatture per cui temiamo di aver accumulato un debito importante, ma il Comune di Genova invece ci ha sempre garantito che saremmo rimasti qui fino a che non fosse stata trovata una soluzione alternativa”.
In tutti questi anni però, nulla di concreto si è mosso: “Abbiamo provato di tutto nel corso del tempo – racconta Brunetti – dalla attuale sede del Baluardo al Porto antico ma a suo tempo ci dissero che non era bello per i turisti vedere le ambulanze in quella zona all’ex mercato del pesce di piazza Cavour, dalla rotonda di Carignano, dove però hanno previsto un circolo per i tassisti all’ex mercato coperto di via Gramsci, dove invece pare vogliano realizzare un progetto sul modello del Carmine”.
“Anche il progetto di ponte Parodi è incentrato sul turismo ma al momento nessuno ci ha detto che nel gigantesco piano di riqualificazione ci sarà uno spazio anche per noi” ricorda il presidente. “Anche il sindaco Bucci, che incontrammo all’inizio del suo mandato, ci disse che sicuramente avrebbe trovato un posto per noi, ma poi non lo abbiamo più visto. Quello che ci domandiamo a questo punto – interviene Brunetti – è se la nostra funzione è considerata o no una priorità, se il soccorso è considerato una priorità per le istituzioni”.
La Croce verde genovese fu fondata nel 1899 da un gruppo di operai dopo un incidente in porto: un lavoratore caduto da un’impalcatura e portato all’ospedale dai colleghi morì anche a causa del modo in cui i compagni lo caricarono per portarlo in ospedale. Servivano formazione e mezzi e così venne l’idea di copiare un modello di soccorso già entrato in funzione in altre città. Ancora oggi sulla facciata di un palazzo in via San Bernardo una targa ricorda la fondazione della Croce verde genovese. Dopo un primissima fase nei vicoli la sede storica più nota della Croce verde è stata quella di piazza Matteotti dentro a palazzo Ducale. Con la ristrutturazione fu trasferita in piazza Ortiz, poi cacciata anche da li per far posto alla sede dei vigili urbani. Così, dopo una parentesi in via Gramsci la storica pubblica assistenza è finita un un prefabbricato tra reti, polveri di cantiere e le infiltrazioni d’acqua: “I pavimenti li abbiamo rifatti di recente – spiega il presidente – periodicamente ci sottoponiamo ai controlli di ASL e Nas e sono grazie a investimenti e fatica continuiamo a risultare idonei e a norma ma è ovvio che se avessimo una concessione, un qualcosa di scritto che ci garantisca che non ci cacceranno potremmo gestirci parte della ristrutturazione che tecnicamente e burocraticamente sarebbe anche più semplice di una sede ex novo, ma chiediamo che qualcosa sia messo nero su bianco”.
Dai ‘fasti’ di palazzo Ducale (ai tempi la Croce verde aveva ben 37 sezioni, che nel tempo o sono state chiuse o sono diventate publiche assistenze autonome, faceva grandi feste e cerimonie pubbliche, aveva perfino una sezione sportiva e una squadra di calcio) a una sede che – pur tenuta al meglio dai militi – è poco più di una baracca, un destino triste per un pezzo di storia della città.

“Avevamo un centinaio di volontari allora, tutti molto attivi. Venivano magari per una partita a biliardo o a carte e per prima cosa si segnavano il turno sulla lavagna” racconta il presidente Canepa che cominciò il suo volontariato proprio a palazzo Ducale. Ora siamo qui dietro, invisibili alla città e impossibilitati a fare iniziative in sede, tanto che ci sono vecchi soci che quando li incontro per strada mi chiedono se la croce verde esiste ancora”
Se un tempo due dipendenti erano sufficienti per garantire il servizio perché i volontari non mancavano oggi i dipendenti sono 5 per garantire una squadra h24 che effettua 400 servizi al mese, supportati da una cinquantina di volontari “ma quelli su cui possiamo contare davvero sono molto meno” spiegano i responsabili.

E anche in questo la ‘location’ non aiuta: “Una pubblica assistenza è anche un luogo di ritrovo per i giovani tra un servizio e l’altro, qui abbiamo ricavato un dormitorio per chi fa le notti e mini stanza con una tv, ma non c’è spazio per altro. E’ tutto a norma ma non abbiamo spazi per organizzare nulla né per avere un piccolo bar”. Poi la zona dietro la Darsena è al momento una zona particolarmente degradata: “E buia e molto frequentata da tossicodipendenti, non è certamente il posto ideale per una ragazzina che vuole venire a fare servizio in ambulanza qui la sera”.
D’altronde la Croce verde è da sempre la croce del porto di Genova e quella del centro storico: “Negli anni ottanta, quando ci fu il boom dell’eroina, per la prima vola organizzammo con la guardia medica un servizio con il medico a bordo, una sorta di automedica in fieri molto prima della nascita del 118”. spiega Brunetti. La Croce verde ha attraversato i più grandi fatti di cronaca cittadini, dallo scoppio della petroliera Fermount del 1961 alla frana di via Digione (1968) dal naufragio della London Valour all’alluvione nel 1970. Più di recente la croce verde è stata la prima ambulanza a portare soccorso nel crollo della Torre piloti, che costo la vita a 9 persone. E ancora il ponte Morandi, anche se come supporto e recentemente il Covid: “Durante la pandemia – ricorda Canepa – oltre al soccorso ci siamo occupati dell’assistenza, dal portate vestiti e beni di prima necessità a chi si trovava in quarantena, ai generi alimentari agli anziani, infine ai farmaci”.
I militi della ‘verde’ sono quelli che meglio conoscono il reticolo dei caruggi, i singoli vicoli o piazzette dove è fondamentale arrivare in fretta se si vogliono salvare delle vite: “Anche per questo quando le uniche soluzioni che ci hanno proposto sono state troppo lontane dal centro storico abbiamo dovuto dire no, da un lato perché per il sistema del 118 ogni pubblica assistenza ha una sua zona e non vogliano sovrapporci alle altre pubbliche assistenze, dall’altra proprio per la nostra conoscenza del territorio”.

Nel piccolo prefabbricato di ponte Parodi viene conservato quel che resta della storia della gloriosa croce: c’è un carrello cui cui un tempo si trasportavano i malati (“ne avevamo un secondo conservato insieme ad altri oggetti in un container, ma dopo anni le infiltrazione d’acqua hanno sondato il tetto e abbiamo dovuto buttare tutto”), c’è l’archivio fotografico e quello documentale, gli articoli di stampa che raccontano 122 anni di soccorso, i documenti di epoca fascista tra cui quello del 1935 della consegna dell’oro alla Patria dove la Croce dovette cedere tutto il suo medagliere, e i riconoscimenti ottenuti nel dopoguerra, c’è la vecchia lavagna d’ardesia dove venivano marcai i turni delle uscite, e soprattutto centinaia di foto, tessere onorarie e ricordi di centinaia e centinaia di volontari che della croce verde hanno contribuito a fare la storia.