Ma se ghe penso allôa mi veddo o mâ
Veddo i mæ monti e a ciassa da Nûnsiâ…
New York. Statua della Libertà. Al confine con Genova. Sì, perché è come se il mare riempisse un vuoto spaziale e affettivo con la sua presenza, fungendo da collante e via senza barriere verso la propria terra. Lo stesso effetto scaturisce dalla passione nei confronti della propria squadra, a maggior ragione quando non la si coltiva da soli. Ed è proprio così che i genoani d’America hanno festeggiato il passaggio a 777 Partners: uniti nei colori rossoblù di bandiere e magliette e vicino al mare. Una scelta anche dal forte valore simbolico: la libertà da una gestione che aveva stancato e l’inizio di un sogno “dal percorso inverso”, dagli States a Genova.
Alan Provenzali, detective dal 1980 negli Stati Uniti. Daniele Savino, che opera nel settore dello shipping e vive a New York da tredici anni. Stefano Gaggero, a Charlotte (North Carolina) da quasi nove anni per dirigere una filiale di un’azienda italiana. Francesca Casapietra, stabilitasi a Princeton nel 2015 dove in società con un amico francese gestisce un chiosco che sforna tra le altre cose la focaccia e dove si prepara una panino dedicato al Genoa. Matteo Cevasco, in America dal 2004 e lavoratore nel settore della logistica. Sono loro alcuni dei baluardi che mantengono viva la passione rossoblù nella terra dove il calcio deve ancora fare molta strada per affermarsi come sport principe.
Una squadra vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nei colori c’è qualcosa di tuo
Una passione che viene portata come bagaglio e che diventa un patrimonio affettivo comune insieme all’amore per la propria città. “Si ha la sensazione di appartenere a qualcosa di più grande di noi“, afferma Alan, che prosegue: “la passione nasce dalla mia famiglia e dai nonni in particolare, che erano grandi tifosi. Ma anche dal rapporto con alcuni amici di famiglia che mi portavano allo stadio quando i nonni non potevano portarmi”. Daniele era così rossoblù fin da bambino da aver resistito ai tentativi di “corruzione” di suo papà juventino.
Stefano proviene da una famiglia senza tifosi sfegatati, galeotta fu la scuola: “Sono diventato genoano tramite il genoanissimo compagno di banco di mio fratello, ora è quasi una malattia”. Francesca, invece, ha iniziato a frequentare il “Ferraris” ancora prima dei banchi: “Mio papà mi portava a vedere le partite già a tre anni. Mi metteva sulle spalle e via”. Radici saldamente genoane per Matteo: “Mio nonno, classe 1911, mi trasmise la passione. La mia prima partita allo stadio è stato un Genoa-Rimini della stagione 80/81”.
“Vogliamo vincere, ci piacerebbe seguire il modello dell’Atalanta” (Juan Arciniegas, 777 Partners).
Sorriso a trentadue denti e affermazioni altisonanti, come la volontà di tornare a vincere. Abbastanza inusuale per l’abbottonato stile di comunicazione incartapecorito di molti dirigenti nostrani, spesso desiderosi di abbassare le aspettative. Una boccata di ossigeno, certo, ma anche il timore che si tratti di una proverbiale “americanata”. In questo senso, chi vive ogni giorno immerso nella cultura a stelle e strisce può sicuramente aiutare a leggere meglio questo approccio. Matteo lo approva: “Aspetto i fatti ma mi è piaciuto l’approccio iniziale. Tuttavia, non mi “invexendo” troppo, non ho aspettative elevate, mi bastano organizzazione e rispetto per le nostre tradizioni, un pochino sogno, ma ho i piedi piantati per terra”. Francesca spera che la squadra possa seguire le orme del Manchester City: “Perdenti prima, ma vincenti adesso”, anche se da buona ligure aggiunge che “ai proclami non dà molto adito”.
“777 Partners ha portato ottimismo e fiducia. Prendo le dichiarazioni con le pinze perché vengono da una cultura sportiva nella quale i tifosi di tutte le squadre possono sognare di vincere un titolo, cosa difficile nel calcio italiano e credo che lo sarà sempre di più. Però l’esempio dell’Atalanta fa eccezione. Fa piacere tornare a sognare dopo anni, ma so che non sarà facile”, spiega Stefano. Grande fiducia riposta da Daniele: “Non si sarebbero potuti presentare in maniera migliore. Secondo me non è ottimismo americano perché vedono l’opportunità di fare un investimento di successo attraverso pianificazione e organizzazione. Sarà un progetto a lungo termine e non mi aspetto risultati immediati”. Grande fiducia anche da parte di Alan: “Hanno portato ottimismo ed entusiasmo a una piazza che ha solo conosciuto patimenti negli ultimi anni. Non fa piacere partire per arrivare quartultimi. Una società con questo blasone e con questa tifoseria merita di più. Portano una mentalità vincente e non penso che siano venuti per perdere soldi. Speriamo, ma finalmente c’è entusiasmo”.
Aprite le porte oh! oh! il Grifone va!
Nessun avversario oh! oh! mai lo fermerà!
Il sogno sarebbe una tournée americana del Genoa, per cantare l’inno e riproporre un pezzo di Nord negli Stati Uniti. Ma quale condottiero sperano di vedere sulla panchina i cinque genoani d’America? Matteo ha in mente i profili di Fonseca, Luis Enrique e Galtier, anche se il sogno è “el loco” Bielsa. Fiducia nell’attuale mister per Alan: “Penso che Ballardini si sia guadagnato la possibilità di guidare una squadra competitiva. Con i giocatori giusti son convinto possa fare bene. Se poi mi si chiede qualche nome di spicco, allora dico uno tra i top come Conte, Capello, Guardiola, Ancelotti”. Nessun nome per Daniele, che però auspica la fine delle porte girevoli in panchina: “Spero che chiunque ci sia possa aprire un ciclo”. Francesca desidererebbe un grande ritorno: “Non sarebbe male rivedere Gianpiero Gasperini con i nostri colori”. “Bisogna dire grazie a Ballardini – commenta Stefano – ma mi piacerebbe un allenatore che regali al Genoa un gioco stile Gasperini. Qualche nome? Il ritorno di Gasperini certo, ma anche altri allenatori, come Bielsa, possono accendere le fantasie”.
Il Genoa Club New York venne fondato negli anni ’20 e rifondato nel 1992
L’attuale Genoa Club di New York è stato fondato negli anni novanta. Racconta il presidente Daniele Savino: “Era molto numeroso, in seguito il gruppo base si è traferito o è tornato in Italia e il club si è decisamente ridotto. Negli ultimi anni, abbiamo provato a farlo ripartire, direi con successo. Anche grazie all’aiuto dei social media, il club conta una quindicina di membri più le rispettive famiglie, tutte rigorosamente rossoblù”.
Le iniziative non mancano nella Big Apple. Tutti se possono guardano le partite in diretta, a dispetto del fuso orario. Ed è sempre piacevole farlo insieme. “Per ora ci dedichiamo a cene e visioni di partite in gruppo”, afferma il presidente, prima di raccontare dell’ultima iniziativa: la gita alla Statua della Libertà dalla quale è iniziato questo racconto e che i genoani sperano di poter ricordare anche e soprattutto come l’inizio di un entusiasmante capitolo della loro, citando Gino Paoli, “lunga storia d’amore” con il Genoa.
Umbre de muri muri de mainé
dunde ne vegnì duve l’è ch’ané