Helsinki. “Be aware, be prepared, act”. Consapevolezza, preparazione, azione. Contro la disinformazione – o contro quella galassia complessa che sono le fake news – sono questi i tre passi da compiere. Non solo da parte degli addetti ai lavori ma anche da parte di chi le informazioni le recepisce. Un gioco di squadra, insomma, dove la chiave è una “nuova alfabetizzazione per l’informazione digitale”.
Ad auspicare questa alfabetizzazione è Petra Piitulainen, la prima “docente” del programma di formazione Erasmus+ in Finlandia che alcuni giornalisti liguri, tra cui parte della redazione di Genova24, stanno seguendo per imparare dai Paesi nordici i modelli di contrasto alle fake news.
Secondo Piitulainen, giornalista e fact checker per un’organizzazione che si occupa di diffondere l’alfabetizzazione digitale, è sempre più complicato stare al passo con le diverse fonti di informazioni non mediata.
Oggi le sfide di chi si occupa di fact checking (la verifica delle notizie) hanno a che fare con quattro step: l’analisi delle emozioni che un contenuto scatena nella popolazione, la creazione di un contesto, di un background, laddove molto spesso è assente quando si tratta di fake news, la condivisione di strumenti di alfabetizzazione sull’informazione digitale, il contatto con esperti, figure accreditate, credibili e autorevoli che diano valore a una determinata informazione.
Nessuno è immune. “L’informazione digitale oggi è sempre più rapida e masticata – riflette Petra Piitulainen – video, meme, immagini vengono veicolate senza spiegazioni, backgroung, ed è così che circolano facilmente, non è necessario condividere contenuti di disinformazione per essere coinvolti, per esserne colpiti, per esserne manipolati. A volte la disinformazione colpisce il target senza che egli se ne renda conto”.
Secondo Faktabaari l’aspetto più complicato della battaglia alla disinformazione è far comprendere questo messaggio: che la battaglia riguarda tutti. E che chiunque può fare fact checking, nella sua esperienza quotidiana e personale, se ne ha gli strumenti.
Qualche esempio? Intanto domandarsi per ogni informazione chi l’abbia diffusa, dove, perché e per quale motivo. Come si faceva una volta. Ma per i più “nerd”, si possono utilizzare tool come Crowdtangle, Tweetdeck, Truthnest, strumenti digitali gratuiti e di facile utilizzo per monitorare, ad esempio, attraverso chiavi di ricerca ad hoc, chi e come si stia parlando di un determinato argomento.
Il fact checking non è necessariamente faticoso. Anzi. Esistono veri e propri giochi on line che “allenano” la mente a pensare in maniera critica. www.geoguessr.com è una sorta di “caccia al tesoro” in cui il giocatore si trova in un luogo qualunque nel mondo, attraverso la funzione street view di google maps e in base agli indizi deve capire dove si trova. Su www.getbadnews.com/#intro si capisce come diventare un troll. Infine, molto attuale, www.goviralgame.com/en, un gioco di 5 minuti sulle fake relative al covid19.
Petra Piitulainen
È una giornalista free-lance attiva come fact-checker a Faktabaari – in finladese “bar dei fatti” – una struttura gestita da una ong che dal 2014 si occupa di fact-checking a servizio del dibattito pubblico. Petra lo scorso anno ha conseguito un master in Media e comunicazione all’università di Tampere e si è laureata in giornalismo nel 2015 ad Haaga Helia, l’università di Scienze applicate di Helsinki. Fa parte di diverse organizzazioni giornalistiche, tra cui la Suomen Journalistitto.
Faktabaari
La realtà per cui lavora, Faktabaari, è un servizio di fact checking pluripremiato, attivo dal 2014 e che, dal 2018, si occupa direttamente di fornire contenuti verificati a strumento del dibattito politico. Attraverso una piattaforma open source e a prova di attacchi cyber, Faktabaari utilizza social media, attività pedagogiche e blog per stimolare l’opinione pubblica sui temi più caldi del momento. È un’organizzazione non partitica e si finanzia con la partecipazione a bandi e attraverso il supporto dalla ong Avoin yhteiskunta (Società aperta, il concetto alla base della filosofia di Bergson e Popper) con uno staff di volontari: giornalisti professionisti, esperti di Ue, insegnanti e ricercatori. Il fondatore di Faktabaari, Mikko Salo, è stato nominato membro del gruppo di esperti per l’Ue sul tema delle fake news che nel 2018 ha suggerito alla commissione Ue il celebre “approccio multidimensionale alla disinformazione”.
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