Diciotto anni. Appena entrata nella maggiore età volge al termine l’era Enrico Preziosi in casa Genoa. Un invecchiamento anagrafico caratterizzato da una progressiva corrosione del rapporto tra la piazza rossoblù e il presidente. Tanti anni di A, giocatori di livello e due qualificazioni europee le note di merito. La questione “Venezia”, la gestione di rosa e allenatori e la macchia della licenza Uefa le note dolenti.
INIZIO TURBOLENTO
L’imprenditore di Avellino assume il comando del club nel 2003, ripescato dopo la retrocessione in C1. Un’onta per il club più antico d’Italia, giunta al termine di anni tormentati con tante stagioni di serie cadetta tra la fine del secolo scorso e i primi anni del ventunesimo. Due anni dopo, un altro sfregia all’orgoglio genoano, con la squadra vincitrice della B ma retrocessa in C per il tentativo di combine con il Venezia.
LE OTTIME PREMESSE, POI DELUSE
A stretto giro il Genoa ritrova la Serie A, conquistando la promozione al termine della stagione 2006/07 al termine di un campionato complicato per la presenza di Juventus e Napoli. Sono quattordici gli anni consecutivi del Genoa in Serie A. Un dato che non può non pesare sul giudizio relativo all’operato di Preziosi al Genoa, visto che negli anni immediatamente precedenti la Serie A era tutt’altro che scontata.
In Serie A, il primo Genoa made in Preziosi si classifica decimo, per poi raggiungere l’apice con il quinto posto della stagione 08/09, che vale la partecipazione alla Coppa Uefa. E’ il Genoa arioso e arrembante di Gasperini, il cui gioco rock viene sublimato da un bomber come Diego Milito. Poi, campionati senza lode né infamia fino al torneo 14/15. Sesto posto in campionato, secondo miglior risultato, e di nuovo possibilità di andare a giocare in Europa. Una qualificazione mai sfruttata per la mancanza della licenza Uefa: uno sgarbo mai digerito dai tifosi e che dà buoni argomenti a coloro che imputano al presidente di “usare” il Genoa e di amarlo poco. Benzina sul fuoco gettata nelle stagioni successive avare di sussulti, se non quelli relativi al rischio retrocessione fino alle ultime giornate.
INTUIZIONI, CESSIONI, PORTE GIREVOLI
Enrico Preziosi ha avuto il merito di portare sotto la “Nord” giocatori importanti come Thiago Motta e bomber iconici come il già citato Diego Milito, Luca Toni, Hernan Crespo, Rodrigo Palacio, Alberto Gilardino, Alessandro Matri e Marco Borriello. Marco Rossi e Mimmo Criscito le bandiere. Impossibile negare la capacità dello staff del presidente di individuare profili sconosciuti poi in grado di rivelarsi giocatori di livello. I tempi di permanenza al Genoa sono stati la macchia: difficilmente la piazza ha avuto la possibilità di affezionarsi a un idolo. Shomurodov è solo l’ultimo esempio di cessione lampo.
Un club come il Genoa in un certo senso deve valorizzare per poi vendere, ma il modus operandi in molti casi non poteva non far storcere il naso. Schizofrenia che si è riproposta anche in larga scala guardando alla squadra in generale: rose rivoltate come un calzino a ogni sessione di mercato. Dietro questo modo di agire, l’ombra lunga di una gestione finanziaria non del tutto chiara: nel 2015 la procura di Milano lo accusò di aver ritoccato il bilancio del Genoa per potersi iscrivere in Serie A. Preziosi ha sempre affermato la regolarità del finanziamento di quindici milioni ottenuto in Svizzera.
PANCHINA AFFOLLATA
Ventisei esoneri in sei anni. Diciotto allenatori cambiati. Insomma, viene logico pensare che il problema non fossero loro. Emblematico il caso Juric, liquidato dai rossoblù e in grado di fare grandi cose in tutte le altre piazze in cui è andato. Di tutti i nomi che si sono avvicendati alla guida del Grifone, i simboli dell’era Preziosi sono soltanto due: Gianpiero Gasperini, diventato grande grazie al Genoa e in grado di portare la squadra due volte in Europa, e Davide Ballardini. Quest’ultimo bastonato da Preziosi. “E’ scarso”, disse. Così scarso da essere chiamato a più riprese per togliere le castagne dal fuoco e per salvare la squadra.
E ADESSO?
Sul futuro prossimo di Preziosi non c’è chiarezza. Inizialmente, sembrava che l’ormai ex presidente intendesse mantenere una quota di minoranza e continuare a lavorare per il club, fornendo l’expertise italiana al fondo americano 777 Partners. Al momento, tuttavia, questa eventualità sembra più sfumata