Genova. L’obbligo di possedere ed esibire il green pass dovrà essere rispettato anche per le attività lavorative che si svolgono nelle abitazioni private, a meno che non si tratti di smart working in assenza di altre persone. E questo significa che le autorità competenti potranno venire a casa a controllare ed eventualmente sanzionare. A spiegarlo è Fabrizio Marti, presidente dell’Ordine dei consulenti del lavoro di Genova, intervistato in diretta da Genova24 per rispondere ai numerosi dubbi dei lettori sulle nuove regole che scattano dal 15 ottobre.

Il caso più tipico è quello di colf, badanti e collaboratori domestici in genere. “Andiamo per ipotesi, perché non abbiamo ancora indicazioni o casi pratici su cui capire come possono essere effettuati i controlli a campione – spiega Marti – ma in linea teorica le autorità preposte potrebbero andare a casa. Chiaramente si tratterebbe di funzionari autorizzati, che potrebbero bussare alla porta anche se l’abitazione di solito non è un luogo di lavoro: il punto è che lo diventa in automatico nel momento in cui all’interno c’è un collaboratore familiare che lavora“.

Quindi, se il lavoratore domestico non avesse il green pass, scatterebbero le sanzioni sia per il lavoratore (da 600 a 1.500 euro) sia per il datore di lavoro, che a tutti gli effetti avrebbe l’obbligo di controllare: in questo caso si va dai 400 ai mille euro, importi che raddoppiano in caso di violazioni reiterate.

Si tratta ovviamente di un caso limite, ma il problema potrebbe emergere in altre situazioni più concrete. Ad esempio, secondo questa interpretazione della norma, un privato cittadino che chiamasse un idraulico o un elettricista per riparare un guasto sarebbe titolato a chiedergli il green pass sulla soglia di casa. E, se il professionista si rifiutasse, il cliente (che di fatto è un committente) sarebbe legittimato a non corrispondere il costo della chiamata.

Allo stesso modo funzionerebbe per i corrieri: “Il luogo o il mezzo o qualunque altra cosa presso cui un lavoratore è chiamato a prestare la sua opera è un luogo di lavoro – specifica Marti -. Se un corriere non ha il green pass l’azienda lo deve considerare assente ingiustificato, anche perché lo stesso corriere si recherà in altri luoghi di lavoro e l’obbligo di avere il green pass è relativo anche ai lavoratori esterni”. Quindi, in linea teorica, potrebbe essergli chiesto di mostrare il green pass per accedere a un condominio? “Bisogna vedere come evolveranno queste situazioni, ma potrebbe essere così, visto che svolgerebbe lì la sua attività di consegna”.

Se da un lato c’è chi lavora nelle case altrui, dall’altro c’è chi lavora in casa propria e talvolta riceve altre persone tra le mura domestiche. Secondo Marti, la discriminante fondamentale è la presenza di altre persone connesse all’attività professionale: “Il tipico lavoratore in smart working che resta a casa anziché andare in ufficio non ha alcun obbligo finché non esce e non frequenta altre persone. Se il datore di lavoro chiedesse comunque il green pass sarebbe illegittimo, ma avrebbe il dovere di chiederlo quando il dipendente tornasse in ufficio”. Se invece il lavoratore autonomo ricevesse clienti a casa sua, stando alla norma scatterebbe l’obbligo di avere il green pass.

Attenzione infine a lavoratori autonomi, parasubordinati comunque non dipendenti: in caso di assenza ingiustificata con blocco della retribuzione non esiste alcuna tutela. “La norma dice che i lavoratori subordinati hanno diritto alla conservazione del posto di lavoro, perciò l’assenza non può essere considerata come un illecito disciplinare. Ma in tutti gli altri casi il committente potrebbe anche disdettare il contratto dicendo che non ci sono i presupposti per la prosecuzione del rapporto di lavoro. Vedremo se ci saranno approfondimenti, ma per ora questa tutela sembra riservata ai dipendenti”.

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