Public history

Dalle lotte studentesche alle proteste degli operai dell’ex Ilva: Genova raccontata per immagini fotogallery

La mostra, allestita presso lo spazio Primo Piano, a Palazzo Grillo a Genova, è aperta fino al 29 settembre

Genova. Idee e corpi in movimento; energia riversata nelle piazze, per le strade e per le vie. Ma soprattutto giovani convinti di poter cambiare il mondo e desiderosi di migliorare la città in cui vivono. Lotte, proteste, manifestazioni, cortei, contestazioni, per dire no e adesso basta, con tutta la rabbia e tutto il coraggio.

Dalle lotte operaie a quelle studentesche, dal femminismo al pacifismo, dalle rivoluzioni latino-americane alla Palestina, dal G8 ai No global, fino a Fridays for future. La fotografia militante cattura tutto questo e molto più. Ma non lo fa da un punto di vista esterno e obiettivo, proprio del fotoreportage, ma da un punto di vista interno e soggettivo, proprio appunto dei militanti, come spiega Giuliano Galletta, uno dei curatori della mostra Le stagioni della fotografia militante 1960-2020:

“Nel 1968, come tutti sanno, ci fu rivoluzione culturale e politica che comportò un cambiamento irreversibile: dal modo di comunicare, al rapporto con i media. In quel contesto cambiò anche la fotografia. Ma più di tutto cambiò il rapporto tra il fotografo e il soggetto fotografato. Si venne a creare infatti un profondo rapporto di empatia. Più precisamente, il fotografo smettendo di avere uno sguardo esterno, entrò letteralmente a far parte delle cose, del gruppo. Il fotografo divenne così parte del soggetto se non il soggetto stesso”.

Lisetta Carmi, Edoardo Ceredi, Giorgio Bergami, Anna Ducci, Franco Vivaldi, Mario Parodi, Mauro Raffini, Riccardo Navone, Mirella Rimoldi, Roby Schirer, Pietro Terazzo, Giò Palazzo, Adriano Silingardi, Angelo Gandolfi, Paola Pierantoni, Cesare Gavotti, Luigi Valente, Vladia Ghillino, Dario Lanzardo, Freallance con Marco Balostro, Astrid Fornetti e Davide Pambianchi. La mostra presenta una selezione di 120 immagini, tratte dai fondi di questi ventuno fotografi ordinati e conservati nell’Archivio dei Movimenti.

Chi sono i fotografi militanti e come nascono?

“Nel 68 c’erano già grandi fotografi e fotoreporter professionisti. Ma ci sono anche altri fotografi che nascono all’interno del movimento. Questi sono uomini e donne appassionati di fotografia che si ritrovano immersi all’interno delle contestazioni. Il loro sguardo è quindi, necessariamente, uno sguardo diverso. Dal 1960 e soprattutto dal 1968 il fotografo diviene parte in causa. Quindi, come detto, la fotografia cambia stile, prospettiva e pensiero”.

Quale il nesso tra i movimenti sessantottini e quelli di oggi?

“I movimenti sociali non si sono fermati con il ’68. Nella mostra sono infatti presenti scatti che raccontano tutto quello che è successo dopo: dai movimenti femministi ai movimenti ecologisti, eccetera. Oggi ci sono invece, per esempio, i giovani di Friday for future. Epoche diverse legate da un fil rouge che è quello del cambiamento – spiega Giuliano – i fotografi genovesi oggi documentano le proteste dell’Ilva o la mobilitazione contro le armi in porto.

Genova città di proteste.

“Sì, a Genova si è iniziato con le manifestazioni del 30 giugno del 1960 quando la città si mobilitò contro il congresso del Movimento sociale italiano fino al grande evento del G8. Le occasioni di protesta e lotta negli anni sono state numerosissime, dovute anche al fatto Genova è tradizionalmente una città operaia”.

Oggi Genova che tipo di città è?

“Difficile rispondere con precisione, ma senz’altro è una città in declino sia dal punto di vista demografico sia lavorativo“.

Archimovi, l’Archivio dei Movimenti di Genova

La mostra è stata promossa dall’associazione Archimovi, di cui Francesca Dagnino è presidente. Nata nel 2009, raccoglie, conserva e ordina, con criteri scientifici, documenti (libri, riviste, giornali, manifesti, volantini, fotografie, filmati) sul “Lungo 68” italiano e li rende accessibili alla consultazione presso la biblioteca civica Berio.

Parallelamente Archimovi svolge un’attività editoriale e di ricerca storica, anche attraverso la raccolta di fonti orali, con la collaborazione di molti gli oltre cento donatori dei fondi documentari.

L’archivio intende in questo modo porsi come uno strumento di public history, o, altrimenti detto, come un archivio “militante”.

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